Polèsia (51 poeti per la democrazia)

 

FactoryBo, Via Castiglione 26

Giovedì 11 ottobre, ore 19

Bologna in Lettere
Settima Edizione – Disseminazioni

presenta
Polesìa
(51 poeti per la democrazia)
Un evento a cura di Andrea Donaera
Con
Ferdinando Tricarico, Viola Amarelli, Eugenio Lucrezi,
Costanzo Ioni, Luca Ariano, Enzo Campi

 

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Presentazione del numero 4 della Rivista “Trivio” (Oèdipus Edizioni)

Il numero è incentrato su un’antologia di poeti italiani sul tema della democrazia curata da Ferdinando Tricarico, con contributi teorici di Antonio Pietropaoli, Francesco Muzzioli, Ferdinando Tricarico, Giso Amendola e contributi creativi di: Luca Ariano, Mariano Bàino, Domenico Brancale, Franco Buffoni, Enzo Campi, Guido Caserza, Nadia Cavalera, Domenico Cipriano, Floriana Coppola, Vera D’Atri, Chiara Daino, Carmine De Falco, Bruno Di Pietro, Francesco Filia, Claudio Finelli, Giovanna Frene, Vincenzo Frungillo, Francesca Genti, Federica Giordano, Marco Giovenale, Mimmo Grasso, Andrea Inglese, Maria Grazia Insigna, Costanzo Ioni, Carmine Lubrano, Eugenio Lucrezi, Franca Mancinelli, Anna Marchitelli, Giovanna Marmo, Renata Morresi, Paola Nasti, Lucio Pacifico, Melania Panico, Marisa Papa Ruggiero, Cetta Petrollo, Antonio Pietropaoli, Ugo Piscopo, Gilda Policastro, Lidia Riviello, Gianluca Rizzo, Anna Santoro, Ivan Schiavone, Giulia Scuro, Ada Sirente, Rossella Tempesta, Christian Tito, Anna Toscano, Ferdinando Tricarico, Silvia Tripodi, Daniele Ventre, Lello Voce

 

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Convinti come siamo che un organo culturale, qual è una ri­vista letteraria, debba da un lato godere della più ampia libertà di movimento e dall’altro debba lasciarsi incalzare dagli eventi della realtà esterna, abbiamo deciso per questa volta di derogare dalla struttura standard della rivista, che i nostri lettori ben conoscono (sezione poetica a spettro regionale, poeta straniero, brano di pro­sa, contributo critico). E dunque abbiamo deciso di realizzare un numero monotematico sulla “democrazia”, che è argomento, con tutta evidenza, all’ordine del giorno, e naturalmente lasciando la più ampia libertà di taglio, formale e contenutistico, di un tema di per sé così complesso e sfaccettato. In molti paesi dell’Occidente (che, giova non dimenticarlo, è stato la culla della democrazia) non solo il sistema democratico mostra evidenti crepe, ma il con­cetto stesso di democrazia viene revocato in dubbio, è entrato in crisi. È forse questo l’ultimo effetto perverso della globalizzazio­ne, che ha inoculato in tanti, in troppi, la convinzione che la de­mocrazia fosse solo quella degli integrati, degli inclusi, degli (ad) agiati, e si fosse dunque trasformata in odiosa oligarchia. […] (Antonio Pietropaoli)

 

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La democrazia non è un assoluto, ma un’idea regolativa, cui si può soltanto tendere per approssimazione. Potremmo anche dire che non è una realtà, ma un problema. Non a caso si parla spesso di “democrazia formale” per sottolineare che il nome, per quan­to sbandierato come quando si pretende di “esportarla” altrove, non è detto corrisponda del tutto alla cosa, ne ha soltanto l’ap­parenza. Fin dalle origini, pur potendo vantare una cerchia più larga rispetto ai “pochi”, non è che fosse perfetta, non era mica aperta a tutti! A ben vedere, anche il famoso discorso di Pericle («noi la chiamiamo democrazia») era più che altro una esibizione di orgoglio ateniese volta a incentivare lo spirito bellico dei suoi concittadini […] (Francesco Muzzioli)

 

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Lanciare il sasso nello stagno del disincanto politico, pur es­sendo, nell’era della globalizzazione finanziaria, la crisi della de­mocrazia ed il tentativo di rigenerarla, questione cruciale per il vi­vere civile, non è stato facile. Dubbi sul convocare i poeti in modo così esplicito a dire in versi ciò che è ostico inquadrare a sociologi, filosofi e politologi, dubbi sulle antologie tematiche come antido­to all’impossibilità di quelle per autori o per tendenza, dubbi sulla possibilità di selezionare testi molto differenti per modi e forme mantenendo una qualche coralità. Eppure, l’effetto straniante e qualche volta disturbante dei miei inviti, (qualche rifiuto per de­lusione da militanza, insospettati timori di adeguatezza, eccessi di aspettativa in senso positivo o negativo) mi hanno convinto, già in corso d’opera, sempre di più, della necessità di insistere nel sim­posio poetico. […] Sono tante, invece, le strutture formali adottate: l’apologo, la fiabetta, la ballata, il dialogo, la riscrittura, il monologo, il cut up, il sonetto, la canzone, la prosa poetica, il frammento, la sequenza seriale, la filastrocca, le tante possibilità della tradizione e delle avanguardie più recenti di manipolare la plastica e malleabile lingua lettera­ria italiana. Non mi dilungo su cose finemente commentate da Francesco Muzzioli e Giso Amendola in pre e post-fazione, ma si legge chiaramente, che agli autori, la crisi della rappresentanza appare definitiva, al meglio si indicano ipotesi di partecipazione diretta come uscita collettiva dalla crisi o ricerche di ambiti pic­coli e privati dove esprimere bisogni di uguaglianza e giustizia. In ogni caso, per conflitto, disillusione, negazione fino al nichili­smo, i poeti cercano l’inedito, comprendono il mutamento epo­cale, non abusano del passato quale ancoraggio ma navigano nel mare aperto oggidiano con le sue inquietanti oscurità. Infine, la lingua e la sintassi, davvero ci dicono della fine delle dicotomie novecentesche: canone e avanguardia, prosa e poesia, armonico e dissonante: senza doversi auto-etichettare, i versi si mostrano per quello che sono, non c’è ricerca spasmodica di spiegarsi, di dirsi altro, di chiudersi in casematte, non ce ne sono di bunker sicuri e i poeti democratici l’hanno capito. (Ferdinando Tricarico)