Premio Bologna in Lettere 2019 – Le note critiche – Lella De Marchi / Marilina Ciaco

Premio Bologna in Lettere 2019

Sezione C (Poesie singole inedite)

Lella De Marchi

Finalista

 

Il trittico presentato da Lella De Marchi si sviluppa intorno a un nucleo tematico forte che, muovendo da una più ampia riflessione sul post-umano, ne esibisce i risvolti più contraddittori e inquietanti, calati all’interno della singolarità di un’esperienza individuale.

La premessa appare chiara sin dal titolo: siamo di fronte a un’«ipotesi» psichica e linguistica che si sviluppa per gradi attraverso i tre cerchi concentrici perimetrati dai tre testi, i quali sono accomunati dalla sentenza gnomica posta in apertura di ciascuno di essi, «la forma è un antidoto alla paura».

Nel primo testo la tensione dialogica innescata dalla focalizzazione su un «tu» femminile, in gran parte indefinito, conduce a una radicale dichiarazione anti-naturalistica nonché anti-mimetica: «il corpo è un meccanismo del pensiero che s’incarna». L’illusione di una natura puramente fisica e instintuale viene dunque a coincidere con il più alto grado della costruzione logica – una costruzione tanto calibrata nel dettaglio da riuscire a farsi tangibile, corporea essa stessa. In questo scenario panfinzionale, il corpo infinitamente estroflesso mediante sistemi di protesi non risulta poi tanto distante dai corpi soltanto in apparenza «naturali» ma, a ben vedere, sempre contaminati da travestimenti ben più subdoli, le maschere che ciascuno indossa per far fronte a una forma di alienazione cronica.

Nel secondo testo si giunge così ad affermare che «a volte la tua maschera/ dice molto di più della tua faccia», assecondando un parossismo del travestimento in virtù del quale si dubita dell’esistenza stessa di un vero “sé”. L’impossibilità di un autoriconoscimento irrevocabile è presto rovesciata nell’atto di «riconoscersi in una finzione»; Lella De Marchi introduce qui un altro tema, quello del rapporto irrisolto fra identità e alterità, centrale nella recente raccolta Paesaggio con ossa.

Il terzo testo chiude poi la silloge con un’ulteriore transizione: dal campo semantico della finzione si passa a quello del gioco come sembiante più immediato dell’esistenza. Il «giro nella giostra» e l’«amniotica danza» alludono alla pratica costante di una distrazione, indispensabile per sopravvivere al dilemma insanabile del vero e del falso, al richiamo inumano del «vuoto bestiale». (Marilina Ciaco)