Premio Bologna in Lettere 2020 – Nota critica di Enea Roversi a Autism Spectrum di Patrizia Sardisco

Premio Bologna in Lettere 2020

Le note critiche agli autori segnalati della Sezione A (Opere edite)

Patrizia Sardisco, Autism Spectrum (Arcipelago Itaca)

 

 

Lo spettro e il prisma: su Autism Spectrum di Patrizia Sardisco

 

Credo che a questo libro di Patrizia Sardisco ci si debba accostare con estrema accortezza. Di più, non mi parrebbe affatto fuori luogo se all’esterno vi fosse apposta l’avvertenza “maneggiare con cura”, la stessa che appare sugli imballi che contengono oggetti delicati.

Questa affermazione non è certo dovuta al puro gusto del paradosso: è che sono davvero convinto che vi siano testi poetici ai quali, per complessità del linguaggio e del contenuto, occorra approcciarsi con estrema cura, con cautela, prendendone le giuste misure, studiandone la lingua per poterla decodificare.

Autism Spectrum (Arcipelago Itaca, 2019) di Patrizia Sardisco fa parte per l’appunto di questa categoria di testi. La complessità la si evince da subito, fin dal titolo: è dello spettro autistico che si parla, un disturbo complicato e per certi versi ancora misterioso.

Sardisco viaggia all’interno dell’autismo, ne sonda i misteri, ne registra le fragilità e le durezze, con la competenza di chi conosce la materia: calza perfettamente, a questo proposito, la definizione di “professione” che usa Anna Maria Curci nella sua postfazione, come sempre puntuale e incisiva, a proposito della scrittura di Sardisco.

Leggendo i testi di Autism Spectrum ci si imbatte infatti in un linguaggio scientifico, in termini che non si trovano di frequente in poesia, quali: asintotico, centripeto, antropico, gaussiano, esoscheletro, cotiledoni, bastoncellare, psicometria, per citarne soltanto alcuni.

La raccolta si compone di cinquantuno testi, tutti brevi, numerati da #0 a #50, con metodica precisione: il primo testo, quello per l’appunto contrassegnato dal numero #0, inizia con il verso lo spettro non traccia nei normografi.

Ecco dunque comparire, già dall’inizio, la parola chiave di questo libro di Sardisco: spettro.

Sappiamo che nella lingua italiana spettro ha molteplici significati, che interessano sia il campo scientifico che quello soprannaturale: a me piace pensare che lo spectrum di Sardisco possa avere a che fare con lo spettro prismatico, quello che in ottica definisce la figura luminosa che si ottiene colpendo un prisma con un fascio di luce bianca.

Dalla luce bianca e poi dalla superficie anch’essa bianca s’irradiano i colori dell’iride: il bianco freddo si trasforma in colori caldi ed è possibile, secondo me, ritrovare lo stesso effetto anche nella poesia di Sardisco, laddove da un’apparente freddezza del linguaggio si sviluppano sensazioni di passione, quasi che sul linguaggio stesso fosse stata operata un’operazione di rifrazione della luce, rappresentata in questo caso dalla parola.

Si percepiscono, anzi si possono toccare con mano, nei versi di Sardisco, il dolore (il naufragio affiorante / mar morto che ti assorbe che ti ammorba e la pena), il senso d’impotenza (sulla misurazione impreparata / del mio corpo docente / insufficiente impotente), ma anche l’amore (e l’amo mio d’amore / è una pedagogia del fiato del respiro) e la speranza (una lingua universo un’armonia / senza più i connotati /  di gravità).

Il tono dell’autrice si fa a volte cupo, drammatico, per il sommarsi di dubbi e preoccupazioni che si scontrano con la logica razionale della scienza, ma la sua grande abilità le permette di  gestire assai bene forma e contenuto della raccolta, riuscendo a non scadere mai in inutili ridondanze o in dannosi pietismi.

Che l’autrice abbia grande padronanza della parola (e della parola poetica in particolare) è del resto risaputo: l’intero percorso della sua scrittura sta lì a testimoniarlo.

Autism Spectrum ce lo riconferma: Sardisco usa nel suo fare poesia un’ampia gamma di strumenti, gioca con assonanze e allitterazioni: lo strabismo sorpreso e l’attenzione artiglio / la tenaglia la faglia il maglio il deraglio / il groviglio (nel testo #5), oppure soglia del dolore soglia / della rabbia della sabbia risata (nella poesia #13) o ancora oceani di rabbia e nebbia rubra (nella poesia #19).

Ama poi usare le ripetizioni: si pensi ad esempio a forse la prova è con cui iniziano le poesie dal numero #033 al numero #37, ma anche all’ipnotico chi è lei [ripeti] chi è lei [ripeti] /  che fa [ripeti] e lei che fa chi è / chi è lei che fa [ripeti] e ridi e / ridi ridi e ripeti, quasi un mantra ossessivo, contenuto nel testo numero #7.

Un’altra caratteristica della poesia di Patrizia Sardisco è, a parer mio, l’eleganza del verso: intesa non nel senso aristocratico del termine, ma piuttosto a identificare l’armonia e la finezza del suo versificare, che si mantiene sempre in equilibrio tra estetica e ricerca.

Per concludere si può affermare che, al termine della lettura di Autism Spectrum, dopo averlo quindi maneggiato con cura e dopo averne decodificato il linguaggio, la sensazione provata è che quei colori, usciti dal prisma, siano presenti nell’aria, in tutta la loro lucentezza (Enea Roversi)