Azione 11 – Howphelia live in Bologna in Lettere – Performance suoni e visioni

Bologna in Lettere 10th – Azione 11 – Sabato 19 febbraio
@Factory, via Castiglione 26

 

Howphelia live in Bologna in Lettere
Performance suoni e visioni

Una serata con i progetti e artistə ospitati sulla piattaforma per la distribuzione di contenuti ibridi e progetto/propulsore editoriale e culturale di poesia contemporanea e indipendente

Howphelia.

In esclusiva, al Factory, in via Castiglione 26, dalle ore 18 si susseguiranno performance live, videoproiezioni, artwork, paesaggi sonori ed esperienze multisensoriali in una serata ad alta intensità poetica.

 

Performance live:

Gabriele Stera: Fini del mondo
Giusi Montali: Dietro l’occhio
Matteo Di Genova: Verna Sessions

 

 

 

Proiezioni dalle serie:

 

Mixtures, di Giacomo Bartolucci
Do you need any help?, di Serena Pea
Il Genere Umano, di Kosmonavt
Ovidiana, di Marco Malvestio + Ophelia Borghesan
Eleanor, di Alessandra Cava
Origini, di Inkhand
Opus, di Francesca Tiresia Mazzoni + Alessio Del Donno
Esecuzioni , di Giuseppe Nava
Tecno Zarathustra, di Stilledammerung
game: start, di Martina Campi + Mario Sboarina
 

E, in anteprima, un episodio tratto da: Parabola di Fera Infèri, che volle uccidere ed uccise, di Federico Ghillino.

(a cura di Martina Campi)


Howphelia

Howphelia, emanazione di Ophelia Borghesan, è una piattaforma di distribuzione di contenuti ibridi, disponibili sia in formato digitale (come video on demand), sia come libri e veri e propri artwork, ed è un progetto/propulsore editoriale e culturale di scritture contemporanee e indipendente. (Nella produzione di oggetti marchiati Howphelia; gli artwork sono infatti a cura di Ophelia Borghesan).

 

È una piattaforma online che permette di acquistare abbonamenti per seguire in streaming realizzazioni di performance e videopoesia che si sviluppano in una serie di episodi, e di ricevere a casa il libro legato alle serie alle quali ci si è abbonati.

 

Questi contenuti sono composti sempre da tre elementi: il video, il sonoro e il testo. I tre elementi – che vanno a costruire un prisma, un oggetto multimediale – possono essere proporzionati in maniera diversa, ma la cosa fondamentale è che l’artista li leghi sempre in un discorso.

La dominante è il flusso audiovideo, cioè quello che si riceve. La scrittura è il fil rouge della piattaforma.

[…]

Gli oggetti multimediali di Howphelia sono tutti concepiti come episodi di serie: ogni artista presenta una serie che ha un numero limitato di episodi.

[…]

Un’altra direzione è l’oggetto analogico. Significa produrre qualcosa di multimediale e digitale da un lato, dall’altro di analogico. Howphelia produce anche oggetti, che per comodità possiamo identificare nei libri, ma non solo.” Ophelia Borghesan

(da: La Balena Bianca – Rivista di Cultura Militante: Il superorganismo: intervista a HOWPHELIA Borghesan e Birdmen Magazine: Howphelia? Intervista a Ophelia Borghesan su una nuova piattaforma streaming)

 

Ophelia Borghesan: Angela Grasso + Luca Rizzatello

web: Howphelia 
Ophelia Borghesan


Progetti e Artistə

 

Serena Pea /Do you need any help?

 

Serena Pea, nata a Brescia nel 1984, dopo essersi specializzata in fotografia di scena presso l’Accademia Teatro alla Scala nel 2011, si nutre di fotografia e teatro collaborando con diversi teatri e compagnie teatrali italiane. Nel 2014 esce il suo primo progetto di staged photography, Everyday Souvenir. Songül esce nel 2017 e nel 2018 diventa un libro, pubblicato dalla casa editrice La Grande Illusion. (www.serenapea.com)

 

Quali sono gli strumenti che più di tutto, oggi, ci aiutano a imparare cose nuove, risolvere problemi che escono dal nostro controllo, e a dare ordine al mondo che ci circonda? I tutorial rispondono a due esigenze primarie per l’essere umano: manipolare ciò che lo circonda, addomesticandolo, e adattarsi a sua volta al mondo in cui è calato. Caratteristiche comuni ai video di maggior successo sono il tono familiare e rassicurante, e il fatto di funzionare, sempre. “Do you need any help” propone tecniche di rilassamento totale, ingredienti per preparare zaini di fuga, classici della pasticceria casalinga fino a ricette più ricercate; tutto raggiungibile in pochi, semplici, passi. Il controllo sarà totale, basterà attraversare un numero esiguo di interferenze del mondo reale.

 

 


Giacomo Bartolucci /Mixtures

Dopo una lunga serie di step evolutivi che, partendo da una manciata di molecole organiche, hanno portato all’origine della vita prima negli oceani e poi sulla terra ferma, Giacomo Bartolucci nasce a Pesaro nel 1993. Si diploma in sassofono al conservatorio G. Rossini poi si trasferisce a Bologna dove studia fisica. Qui cominciano le sperimentazioni: la sua mini raccolta di poesie Tutti i quanti voglion fare jazz viene premiata al concorso PopSciencePoetry 2014, indetto dal CERN. Si sposta a Trento dove si laurea in fisica teorica e scopre la bio-fisica. Attualmente vive a Dresda dove lavora come dottorando ad un progetto coordinato dal Max Planck Institute for the Physics of Complex Systems e dal Center for System Bio-logy Dresden. Si occupa in particolare di fisica delle soluzioni acquose, studiandone le applicazioni in contesto bio-logico e bio-chimico. Ama la ricerca ibrida, scovare analogie tra arte e scienza e ogni sorta di scam-bio.

 

Mixtures nasce per raccontare l’effervescente mondo delle soluzioni acquose e la fisica che c’è dietro. Cominceremo parlando dell’acqua, elemento che non smette di stupire generazioni di scienziate e scienziati con una forte consapevolezza di discendere dai pesci. Aggiungeremo a questo solvente universale olio, sapone, colorante e rimarremo stupiti dai fenomeni che ne emergono. Entreremo poi nel vivo parlando di soluzioni contenenti proteine, DNA, RNA e altre biomolecole come ad esempio il citoplasma nelle nostre cellule. Per descrivere cosa accade in questi sistemi promiscui sarà necessario ricorrere ad una miscela di linguaggi tra cui fisica, chimica, biologia, ma anche poesia e musica. In conclusione torneremo al principio dedicandoci alla più lirica delle soluzioni acquose: il brodo primordiale.

 

 


Giuseppe Nava /Esecuzioni

 

Giuseppe Nava (Lecco, 1981), vive a Trieste. Ha pubblicato Esecuzioni (d’If, 2013; premio Mazzacurati[1]Russo), Nemontemi (Prufrock Spa, 2018) e Le attese (Vydia 2021; premio Lucini). Suoi testi e traduzioni sono presenti su varie riviste e siti, tra cui InPensiero e Nazione Indiana. È stato uno dei curatori dell’antologia L’Italia a pezzi (Gwynplaine, 2014). Collabora come redattore alle riviste Bollettino ‘900 e Charta Sporca.

Esecuzioni è un lavoro di rielaborazione metrica di testi risalenti alla Prima guerra mondiale, ripresi da sentenze dei tribunali militari, giornali dell’epoca, lettere. Questi testi raccontano storie di condannati a morte: disertori e sbandati, autolesionisti e sobillatori, “poveri cristi” accomunati dal voler opporre un no alla gigantesca e inedita macchina della guerra di cui si ritrovano a essere ingranaggi loro malgrado. Attraverso la manipolazione dello stesso linguaggio militare e giudiziario che li condanna, le poesie intendono restituire dignità a queste storie umane, e far emergere l’assurdità delle istanze di cui quel linguaggio è espressione. Questa seconda edizione dell’opera si arricchisce di una componente audio e video, messa in dialogo con i versi. La parte sonora, che in alcuni casi comprende anche l’esecuzione vocale del testo, è un montaggio di field recording e basi strumentali originali, mentre la parte visuale è realizzata a partire da materiali video d’epoca.

 

 


Gabriele Stera /Fini del mondo

 

Gabriele Stera (1993) è poeta, artista sonoro, performer, attivo principalmente in Italia e in Francia, dove vive. Il suo primo libro-disco, Dorso mondo, è uscito per Squi(libri) nel 2021.

 

Il mondo è finito ma ha un modo tutto suo di non esserci più. Ci appare la notte come un involucro in cellophane che contiene la pagnotta del cielo in lievitazione lenta. Tant’è che a prima vista pare ancora intatto, con tutti i suoi legami, le fibre che rilegano da una parte all’altra, le unità di senso, le correnti navigabili, flussi d’affetto e sensazione, e gli universali come spiriti serafici seduti a gambe incrociate ad un metro dal suolo in stasi. Il mondo è finito ma non è ancora finita la fine, per questo facciamo come se niente fosse, davanti a questi titoli di coda che sfilano a fine proiezione, coi nomi e con le immagini, una dopo l’altra a ripeterci nient’altro che un’altra fine. Allora sfogliamo il pianeta, le immagini della vita, come fosse l’album di famiglia di qualcuno che non conosciamo.

 

Fini del mondo insomma non è la fine del mondo, quanto piuttosto un inventario delle traiettorie di ciò che ci finisce addosso: perché una moltitudine di eventi continua frammentariamente a concludersi a noi attorno, alcuni su scale temporali impensabili, altri a misura d’occhio e d’intendimento. Fini come cause finali, proiezioni, appunto, verso cui si protende ciò che finendo continua, lasciandoci dormire nella scia. Il mondo dorsale, cablato e fossile, che continua con altri mezzi che il mondo, a finire a tutto tondo. E in questo sfinimento, noi siamo quelli davanti allo schermo.

 

 


Kosmonavt /Il Genere Umano

 

Kosmonavt s.m., in russo “astronauta”, pronunciato /kasmanàvt/.

Classe 1986. La funzione della parola è alla base della mia esplorazione artistica: un’indagine terminologica e lessicale che riesca a trovare l’espressione emotiva e comportamentale. È una sfida per creare un codice linguistico che ci rappresenti e che porti a compimento la nostra capacità espressiva. Sono alla ricerca di un linguaggio che possa mettere insieme immagini, musica e parole nella completa esplorazione, ma con l’obiettivo costante di porre in essere la determinazione del corpo come atto rivoluzionario. Dal 2012, performer per la Compagnia di teatrodanza Ordinesparso. Dal 2017, poeta performativo e membro attivo della Lega Italiana Poetry Slam. 2019, secondo premio Sinestetica per la sezione videopoesia con Pugno di Mosche. 2021, secondo premio Bologna in Lettere per la sezione poesia orale con Pinocchio.

 

Il sostantivo latino homo significa “essere umano”, indipendentemente dal genere, e deriva con tutta probabilità dalla radice protoindoeuropea *dhǵhem-, che significa “terra”. In questo tempo in cui si ridiscute il ruolo dell’essere umano nel suo contesto urbano e ambientale, cosa è rimasto della sua appartenenza alla natura? Quale linguaggio abbiamo sviluppato con essa? Quali sono le sfaccettature e i comportamenti di questa umanità? Come si sviluppa la sua complessità? Come si radicalizzano i tratti comuni? Abbiamo ancora la capacità di stupirci per il nostro legame con il pianeta tutto? Sono alcune delle domande esplorative per indagare sia a livello linguistico sia a livello immaginifico sul genere umano e sulla natura sfruttando il dibattito linguistico sulla schwa e proponendo una visione sull’evoluzione dell’essere umano come corpo politico appartenente al genere evolutivo homo.

 

 


Marco Malvestio + Ophelia Borghesan /Ovidiana

 

Marco Malvestio (1991) lavora tra l’Università di Padova e la University of North Carolina at Chapel Hill. Ha pubblicato racconti sulle riviste Colla e CrapulaClub e poesie su Formavera e Nuovi Argomenti, oltre che in diverse antologie. Nel 2013 ha pubblicato la raccolta di versi Depurazione delle acque per La vita felice; ad aprile 2018 il suo poemetto Il sogno di Pasifae è uscito nel volume a tre Hula Apocalisse, per i tipi di Prufrock spa. Nel 2021 ha pubblicato il romanzo Annette (Wojtek Edizioni).

 

Ophelia Borghesan: Angela Grasso + Luca Rizzatello

 

Un ciclo di testi scritti in un lungo arco di tempo ma profondamente legati tra loro, Ovidiana è un esercizio di ventriloquio. In queste poesie vengono fatti parlare alcuni dei personaggi letterari di Ovidio e Ovidio stesso, a sua volta trasformato in figura d’invenzione. Ovidio, che nella sua varia vita fu poeta d’amore, di regime e d’esilio, è la figura dell’artista per eccellenza; i suoi miti (e il suo mito) non sono solo episodi e figure archetipici, bensì frutto di continue rielaborazioni letterarie. Sospese e sparse nel tempo e nello spazio, le voci che parlano in questi versi sono il nostro presente e sono l’eternità senza tempo; sono e non sono noi che le ascoltiamo. Animazione e colonna sonora di Ophelia Borghesan.

 

 


Inkhand /Origini

 

Dario Bellinato/Inkhand nasce a Camposampiero (PD) nel 1995. Consegue il diploma in Grafica Pubblicitaria nel 2014 a Castelfranco Veneto e fin dai primi anni, in contemporanea alla passione per la grafica sviluppa l’interesse per l’illustrazione. Nel 2016 realizza il suo primo libro illustrato dal racconto di Hans Christian Andersen L’Usignolo. Nei primi anni si avvale solamente all’uso del bianco e del nero, disegnando con tecniche tradizionali ed inchiostri. La riscoperta del colore ha comportato anche un’evoluzione dei soggetti, nei quali sono sempre presenti richiami alla natura e al surrealismo. Nel 2017 illustra Barbablù di Charles Perrault e terminati gli studi all’Accademia di Belle Arti di Venezia realizza la sua prima Graphic Novel autoprodotta Il Guardiano. Ad oggi collabora a progetti di illustrazione, grafica ed animazione.

 

In principio, il buio avvolgeva il cosmo. L’origine del mondo come lo conosciamo oggi, nacque come da una macchia d’inchiostro bianco su una tela nera. Questa è la storia di come la luce, entità fino ad allora sconosciuta, riuscì ad entrare in armonia con l’oscurità, dopo uno scontro tra i Titani ai confini dell’universo.

 

 


Giusi Montali /Dietro l’occhio

 

Giusi Montali (1986) vive a Bologna dove si è laureata con una tesi su Amelia Rosselli. Nel 2013 ha pubblicato la raccolta Fotometria (Prufrock spa), seguita dalla raccolta Faria (Dot.com Press, 2016) scritta assieme a Luca Rizzatello. Sempre nel 2016 consegue un Dottorato di Ricerca presso l’Università di Pavia con un saggio dedicato all’opera di Alfredo Giuliani. Alcuni suoi testi sono antologizzati nel secondo volume di Poeti italiani nati negli anni ‘80 e ‘90 a cura di di Giulia Martini (Interno Poesia, 2020). Nell’ultimo periodo lo studio della voce, in seguito alla pratica della lettura performativa dei testi poetici (suoi e di altri), assume sempre più rilievo.

 

Un giorno mi dissi che sarei dovuta partire. – Per dove? – chiesi. Nessuna risposta, allora decisi di intraprendere il viaggio più lontano e stravolgente.

Dietro l’occhio si compone di una serie di testi che nel corso degli anni hanno espresso l’esigenza di raccontare ciò che a occhi chiusi vedevo o percepivo. È stato un lungo processo arrivare a questo racconto per frammenti e un’esperienza inaspettata e gratificante renderlo un oggetto multimediale nel quale parole, voci, gesti e azioni si sono mutati in una serie di episodi.

 

 


Alessandra Cava /Eleanor

 

Alessandra Cava è nata a San Benedetto del Tronto nel 1984. Ha studiato storia e teoria del teatro alle Università di Siena e di Bologna. Dal 2009 al 2014 ha fatto parte di Altre Velocità, gruppo di osservatori e critici delle arti sceniche. Nel 2011 ha pubblicato, nella collana ex[t]ratione di Polìmata, il libro rsvp. Ha partecipato a progetti collettivi tra cui la scrittura e la traduzione di Le Moulin 14-19 luglio 2014 (Benway Series), la videoinstallazione blue rooms/notice of storm di Dehors/Audela, i videolibri Latte e Canile di Ophelia Borghesan. Alcuni suoi testi e traduzioni sono apparsi in antologie e varie riviste cartacee e online. Abita e lavora nella periferia di Parigi.

 

Eleanor, nome servito per imprigionare una femmina di coccodrillo in una storia dove la cornice è la gabbia e la transenna è il décor (ehi Siri, cerca: «un coccodrillo nelle fogne di Parigi»), è stato trafugato per poter pensare Eleanor, congegno audio-video di evasione che tenta, con mezzi di fortuna ma ostinatamente, di allargare le maglie, limare le sbarre, azzannare le corde della trama che tende a legare, addomesticando, ogni anomalia percepita. Attraverso il recupero di scarti retorici provenienti dalla comunicazione mediatica, in collisione con frammenti letterari e reminiscenze cinematografiche, Eleanor risuona e si innesta nei ritagli selvatici del paesaggio urbano, componendo ecosistemi interstiziali, riserve ibridate dove gli scenari sconfinano gli uni sugli altri, le parole si assemblano a seconda delle operose correnti e i coccodrilli senza nome possono infine uscire a prendere il sole.

 


Francesca Tiresia Mazzoni + Alessio Del Donno /Opus

 

Francesca Tiresia Mazzoni. Nata a Benevento il 3/10/1988. Studia e si laurea alla Sapienza di Roma in Psicopatologia dinamica dello sviluppo, attualmente specializzanda presso la SIAB di Roma in analisi bioenergetica. Porta nella sua città natale, per la prima volta in Campania, una gara di poesia slam nel 2013 al Circolo virtuoso Bukò. Fonda il collettivo Caspar (Campania slam poetry associazione regionale) insieme a Vittorio Zollo e Andrea Maio. Appassionata di poesia fin da piccola, trova il giusto connubio per esprimersi in maniera più articolata nella poesia performativa. Attiva nell’organizzazione e nella diffusione del poetry slam in Campania, nel 2018 si qualifica alle finali nazionali di Genova promosse dalla LIPS (lega italiana di poetry slam) rappresentando, insieme alla poetessa Dopa Mina, la Campania. Finalista al festival di letteratura contemporanea Bologna in Lettere ed.2020, nella sezione di poesia performativa. Nel 2019 da vita al progetto Catash, duo di spoken music insieme a Carlo Corso, in cui convoglia il suo lavoro poetico di questi ultimi 4 anni. Nel 2020 fa parte del progetto Versi in Rivolta insieme a Francesca De Michele e Francesca L’Altrelli, per la diffusione e reinterpretazione dei lavori del movimento della Beat generation.

Alessio Del Donno. Nato a Parma il 4/9/94. Laureato in Lingue e Culture Europee ed in Discipline dello spettacolo presso l’università Federico II di Napoli. Attualmente studente presso la Cineteca di Bologna al corso di alta formazione in cinema sperimentale e documentario. Regista, montatore, autore di numerosi videoclip musicali e cortometraggi di finzione e documentario. I primi approcci al film-making sono corti ed esperimenti di vario genere (dal grottesco al muto, video interattivo, commedia, web-serie di genere comico etc.) per il canale Youtube NonSonoUnoZOOfilo, con la pubblicazione di più di 40 video dal 2012 al 2016. Successivamente continua il percorso di ricerca ai fini dello sviluppo di una peculiare identità stilistica ed artistica in senso più ampio. In particolare, con la realizzazione di cortometraggi come Oppressione [2017, thriller) e La Noce (2019, drammatico/grottesco) ha avuto occasione di partecipare a numerosi festival cinematografici. Musicista con la band psych/garage/postpunk 23 and Beyond the Infinite, con all’attivo cinque pubblicazioni dal 2013 e circa 300 concerti in Europa; e con il duo industrial/punk/noise Faintin’ Goats, con un disco all’attivo, la composizione della colonna sonora di un cortometraggio diretto dallo stesso Alessio Del Donno ed il secondo full-lenght in uscita prevista durante l’estate 2021. Autore e compositore della colonna sonora dello spettacolo In-die. Cosa dove? della compagnia teatrale Quilombo. Si occupa anche di illustrazione, street-art/graffitismo.

“Noi teniamo in vita gli Déi con la carne, la nostra carne animale, / con l’animale della nostra fantasia carnosa, / infestata e ronzante di cose alate che pungono.” (J. Hillman – Animali nel sogno)

 Ispirata al linguaggio ermetico degli alchimisti e alla simbologia psichica dei miti greci, Opus è una serie composta da 4 episodi, che affronta il percorso turbolento alla scoperta di sé, in chiave allucinata e atemporale, dove il confine fra umano e divino, reale e mitologico si dissolve e si solidifica.

 


Stilledammerung /Tecno Zarathustra

 

Stilledammerung (1998). Laureata in Graphic Design presso l’Accademia Italiana di Firenze con una tesi sul rosa, ha poi acquisito una specializzazione in Motion Graphic allo Ied di Roma. Appassionata di arte visuale, discografica ed editoriale, collabora con alcune realtà legate all’arte performativa e lavora come graphic designer freelancer e dedica il tempo libero ai suoi cani.

 

Tecno Zarathustra è una collisione tra frammenti nietzschiani e loop ossessivi sospesi in un vuoto rosa, ritmati dalla musica di Tym. Emerge una nostalgia che si muove tra le estetiche dormienti della vaporwave, degli anni ‘90 e 2000, degli scenari 3D di vecchi videogiochi.

 

 


Martina Campi + Mario Sboarina – game: start

 

 Martina Campi, laureata in Scienze della Comunicazione e diplomata in Counseling relazionale, autrice e performer. Ha pubblicato: Se le avventure fossero giorni (Howphelia 2021), testo nato con la serie in 8 episodi game: start, progetto artistico audiovisivo realizzato insieme al compositore Mario,  per la piattaforma Howphelia.  ( ) Partitura su riga bianca (Arcipelago itaca, 2020; Premio “Arcipelago itaca”), Quasi radiante (Tempo al libro, 2019), La saggezza dei corpi (L’arcolaio, 2016), Cotone (Buonesiepi Libri 2014), Estensioni del tempo (Le Voci della Luna Poesia, 2012 – Vincitore Premio Giorgi); è presente nella plaquette È così l’addio di ogni giorno (Corraino Edizioni, 2015, a cura di Niva Lorenzini). Curatrice, con A. Brusa e V. Grutt, di Centrale di Transito (Perrone Editore, 2016). La sua poesia è tradotta in varie lingue e presente su litblog, riviste e antologie. Ha partecipato a diversi festival letterari e musicali. È stata membro di redazione della rivista Le Voci della Luna. Fa parte, dalla prima edizione, del Comitato Bologna in Lettere. Co-fondatrice, insieme al compositore polistrumentista Mario Sboarina, del progetto Memorie dal SottoSuono – The poetry music experience.

 

Mario Sboarina, compositore e polistrumentista, segue una ricerca musicale che si avvale di pianoforti acustici ed elettromeccanici, saxofono, computer music, e che si muove tra progetti di composizione su base improvvisativa di piano solo, jazz, ambient, ed elettronica. È co-fondatore, insieme a Martina Campi, di Memorie dal SottoSuono.

 Discografia: Mani e qualcos’altro (2010, con Mani e qualcos’altro), Minimo Sonoro (2014), Memorie dal SottoSuono (2016, con Memorie dal SottoSuono), Vuoto Sincronizzato (2014, insieme a Berna Perfect), a-void (2017, con 2mu).

 

game: start. Un percorso dalla terra del gaming. Mentre si lascia la propria quotidianità e ci si avventura nei territori inesplorati del videogioco, in trasparenza emerge l’altro viaggio, il sommerso, il continuo ritorno alla visione, alla parola, al suono, il continuo ricominciare. Che prove dovranno essere superate? Si salirà di livello? Da dove verrà l’aiuto? Se ne uscirà trasformati?

Strada facendo, la narrazione del viaggio è offerta in forma di episodi video: una crono-storia e un intreccio tra i modi paralleli del dire, del vedere e del sentire.

 

 


Matteo Di Genova /Verna Sessions

 

Matteo si chiama Di Genova, ma viene da L’Aquila. Attore di teatro e verseggiatore orale, è finalista nazionale di poetry slam “L.I.P.S.” nel 2017 e di poetry slam a squadre 2018, vincitore della sezione di poesia orale del Poverarte – Festival di tutte le arti, del Premio Alberto Dubito di poesia con musica e dei tornei di slam Poetronica (Atti Impuri), T.L.E. e Reginette poetry slam. Compare in una puntata del poetry slam di Zelig TV. Ha portato la sua poesia in alcuni tra i più importanti festival indie e hip-hop: GoaBoa, Poplar, Pinewood, aprendo la serata, tra gli altri, anche a Salmo. Gira l’Italia coi suoi spettacoli Dixit (oltre 40 repliche in tutta Italia) promosso e sostenuto dal collettivo bolognese ZooPalco, Diossido Di Cromo col percussionista Marco Crivelli (debuttato all’interno della prestigiosa rassegna I Cantieri dell’Immaginario) e Versus prodotto dal Teatro Stabile d’Abruzzo.

 

Ottobre 2014: le grida di protesta contro il governo Berlusconi risuonano ormai solo in un’evanescente e sbiadita eco. L’ex asilo di viale Duca degli Abruzzi a L’Aquila (occupato in seguito agli scontri del 14 dicembre 2010) è interessato da sconvolgenti mutazioni che portano alla sostituzione di vecchi e litigiosi gruppi militanti con nuove tribù di artisti, poeti e ravers. In questo contesto nasce l’aula “Allen Ginsberg”: un laboratorio permanente di poesia di ispirazione beat portato avanti da due scrittori conosciutisi in psichiatria. I brani che compongono la seconda parte di questo libro sono stati scritti durante il mio periodo di maggiore frequentazione di quell’aula (e dei dj-set tekno e jungle che si svolgevano al piano di sotto, o in free party di aree circostanti), e costituiscono la base di partenza di tutto il mio percorso nel mondo del poetry slam. Nella prima parte invece (concepita durante la pandemia) ho provato a rievocare quei giorni, a confrontarli con le manie di protagonismo dell’attualità attraverso la metafora della paranoia da sostanze entactogene, a ripercorrere i dubbi artistici che compromettevano la mia falsa coscienza di mestierante teatrale, a riprodurre lo stile delle esercitazioni che avvenivano in quella piccola e fredda aula. Questo esercizio di memoria mi ha portato (dopo un momento di smarrimento mistico), al recupero delle mie più profonde radici, portando la mia mente indietro fino allo scoppio della guerra in Iraq: periodo in cui il mio gruppo di precoci punk pre[1]adolescenti di inizio anni duemila si trovava alle prese con la politica, la marijuana, i primi innamoramenti e il vandalismo gratuito. Il titolo della serie e quindi del libro è rubato dal nome della varietà abruzzese di genziana proprio per rimandare al concetto di radici (così come il roots reggae ne è il principale genere musicale) e di “primavera” intesa anche come eterno ritorno.

 


Federico Ghillino /Parabola di Fera Infèri, che volle uccidere ed uccise

 

 Federico Ghillino, Genova, 1992.

Nel 2017 conseguo la laurea in Lettere Moderne a Genova. Durante l’università ho pubblicato due raccolte di poesie con Habanero Edizioni, sono stato redattore della rivista letteraria Fischi di Carta ed ho collaborato ad eventi performativi (reading, concerti, eventi ad arti miste) con le associazioni culturali Daleth e UGA Unione Giovani Artisti.

Poi mi sposto a Torino, dove, nel 2019, mi diplomo in Cinema alla Scuola Holden. Lì mi sono avvicinato al linguaggio dell’immagine in movimento e ne ho esplorato le possibilità.

In seguito ho lavorato in ambito foto/video, prima per l’agenzia di comunicazione Eggers 2.0 (Torino), poi come fotografo nei villaggi turistici (Puglia e Calabria).

Tornato a Genova, lavoro da freelancer. Faccio montaggio, motion e videomaking per clienti vari (Teatro della Tosse, Holden Studios, festival Code War ecc) e proseguo coi miei progetti personali.

Dalla seconda metà del 2021 collaboro con la piattaforma online Howphelia.com per la realizzazione di “Parabola di Fera Infèri, che volle uccidere ed uccise”, una serie di otto video narrativi che coniugano testo poetico e compositing video.

Raccolgo i miei lavori sul sito federicoghillino.com e su Instagram (@tbfrdc).

 

 Fera Infèri è una diciannovenne della provincia lombarda. Sua madre vive alla giornata tra disoccupazione, sbronze quotidiane e sesso occasionale. Suo padre prosegue con successo la sua carriera aziendale mentre mantiene la moglie e la figlia, facendo vivere Fera in un appartamento da sola, lontana dalla madre. Fera è molto arrabbiata: ha pochi amici, molta furia. È tormentata da pensieri torbidi e cattivi contro sé e gli altri: si scarica sulle sue braccia e sulle gambe, piene di cicatrici. Piange a fatica. Dopo il golpe, una campagna di reclutamento del regime, mirata ai ragazzi all’ultimo anno delle superiori, la porta a Firenze per i rastrellamenti di settembre 2018, dove è stato individuato il nucleo principale delle femministe. Durante le operazioni entra in contatto con Marzia Bella, generale delle GALS, che nota la sua energia nera. Marzia vede in lei doti belliche rare e decide di portarla a Roma, dove entra a far parte delle truppe scelte. Avrà ancora vita breve.