Premio Bologna in Lettere – La nota critica di Enea Roversi su Dentro il tuo occhio nero dormiamo di Silvia Molesini

L’occhio che non dorme: la scrittura vitale e dirompente di Silvia Molesini

Nota di lettura su Dentro il tuo occhio nero dormiamo di Silvia Molesini

 

Il mio occhio scende al sesso dell’amata:

noi ci guardiamo,

noi ci diciamo cose oscure,

noi ci amiamo come papavero e memoria,

noi dormiamo come vino nelle conchiglie,

come il mare nel raggio sanguigno della luna.

(da: Corona, di Paul Celan)   

 

Mi ha fatto pensare a questi versi di Celan, il titolo dell’ultima raccolta di Silvia Molesini Dentro il tuo occhio nero dormiamo: sarà perché contengono il sostantivo occhio e  la voce verbale dormiamo, oppure saranno le cose oscure citate da Celan, o ancora saranno le misteriose assonanze e gli altrettanto misteriosi rimandi che vengono in mente a chi legge poesia, chissà. E dire che ve ne sarebbero tanti altri, di possibili rimandi da citare, ricco com’è il libro di suggestioni e di immagini.

Ha ragione Danilo Mandolini, che è l’editore del libro con la sua Arcipelago itaca, quando scrive, nella breve nota in calce alla raccolta che “C’è moltissima vita, nel lavoro in versi di Silvia Molesini” per affermare poi quanto questo testo sia “un unicum nel quale è necessario perdersi, senza troppo resistere e congetturare.”

E ci si perde, infatti, leggendo questa raccolta, ma non è il perdersi di chi si è smarrito e si guarda intorno con sgomento, quanto piuttosto una sensazione di immersione profonda, di avvolgimento totale.

Già dal primo testo l’autrice ci fa capire quale sia il registro di Dentro il tuo occhio nero dormiamo: si parla di menine e quindi a che cosa si deve pensare? Forse a Las Meninas di Velazquez, a quelle di Picasso oppure alle bambine schiave del turismo sessuale?

Quel verso colmo di assonanze che recita in loro la fiamma in loro l’oro di orette farebbe propendere per la seconda ipotesi, ma poi appare l’immagine di quattro gabbiani su una montacarichi a riportarci in una sfera quasi metafisica.

Nel mezzo del testo compare il termine vabbé, mentre a concludere la poesia c’è un isolato mah! seguito da un punto esclamativo.

Ritroviamo in altri testi di Molesini questo uso di interiezioni ed esclamazioni, insieme a onomatopee che amplificano il suono della scrittura: pum!, beh?, frrr, boh, eh!, badam!, sbadeng, quasi come se dai versi sbucasse improvvisamente un fumetto, magari da una grande bocca rossa di Roy Lichtenstein.

Siamo solo al primo testo della raccolta, a pagina 7, eppure le suggestioni sono già molteplici e si prosegue così, per l’intero libro, viaggiando tra rime interne, assonanze, giochi di parole e vere e proprie invenzioni linguistiche.

Non è un caso che abbia usato il verbo viaggiare: la lettura di Dentro il tuo occhio nero dormiamo è realmente un viaggio nel quale, da lettori, si viene catapultati.

Si passa dall’attraversare gallerie di immagini fantastiche al crudo resoconto del quotidiano e  ci si sente un po’  Dorothy Gale in viaggio verso il regno di Oz e un po’  Leopold Bloom in giro per le strade di Dublino, anche se qui il paesaggio è altro, i luoghi sono altri e assumono di volta in volta sembianze differenti.

Ecco quindi l’autostrada che porta al Lago di Garda, la spiaggia di Ostia teatro della tragedia pasoliniana, la Verona di Giulietta e del Chievo e poi Montreal, la Spagna, il Polo Nord, le birrerie di Monaco di Baviera.

Gli scenari variano dai ristoranti agli zoo, dalle officine ai bar e agli obitori: Molesini apre il suo occhio al mondo che la circonda ed è un occhio vigile e ben attento a ritrarre personaggi e situazioni, a rintracciarne ogni sfumatura, a decodificare ogni linguaggio: un occhio che non dorme, lo si potrebbe definire, parafrasando il titolo della raccolta.

L’autrice, che è anche raffinata studiosa e lettrice, cita nei suoi versi numerosi personaggi, passando con disinvoltura da  poeti come Esenin e Roversi, a registi come Kiarostami e Eastwood, fino al regista di culto Béla Tarr, ma trovano posto nelle poesie di Molesini anche Alain Delon e il campione di ciclismo Vincenzo Nibali.

Nulla è scontato, nella poesia di Molesini, nulla è banale: dalla costruzione del verso, che a volte si fa decostruzione, all’uso della lingua, con quella sapiente miscela di conoscenza e irriverenza che la arricchisce.

Se il rimando iniziale, partendo dal titolo, portava per assonanza a Celan, quelli che appaiono successivamente nel corso della lettura possono portare ad autori come Sanguineti, ma anche (perché no) a Queneau e a Beckett.

Silvia Molesini è autrice di grande e riconosciuto talento e questo libro ce lo conferma: la vitalità creativa, la scrittura dirompente, la commistione di citazioni dotte e di riferimenti popolari, l’uso ragionato ma nient’affatto auto-compiaciuto di parole straniere e di espressioni gergali e dialettali, tutto ciò concorre a fare di Dentro il tuo occhio nero dormiamo un testo destinato a suscitare nel tempo nuovi e meritati approfondimenti.

 

(Enea Roversi)