Premio Bologna in Lettere 2023 – Alessandro De Francesco – Nota critica di Sonia Caporossi

Premio Bologna in Lettere 2023

Sezione A (Opere Edite)

Nota su Alessandro De Francesco

e agglomerati, degli alberi o

Arcipelagoitaca Edizioni

 

 

La scrittura di ricerca di Alessandro De Francesco, in questo suo ultimo lavoro, presenta un’alternanza continua di fading in e fading out da cui traspare un’intenzione esplorativa delle possibilità estreme del significare.

In diversi luoghi del testo, la sovrimpressione dei caratteri di stampa sembra evocare l’assenza di messa a fuoco del reale, lo scivolamento del senso sempre altrove, lo sbiadimento delle immagini e delle unità di tempo, luogo, azione. In alcuni luoghi dell’opera, la pagina emerge dal fondo bidimensionale gonfiandosi, tendendo a una profondità tridimensionale, che non si risolve ancora pienamente nella complessità indecodificabile del 4-cubo, ma lascia pur sempre la sensazione di uno sfilacciamento di p-brane, di fibre irrisolte dell’iperrealtà. Come in una sezione ipercubica ortoassiale, la scrittura di Alessandro De Francesco tende a espandere lo spazio in n-dimensioni alternative attraverso un procedimento di motion blur che procede nel e del continuum dei sintagmi, raggiunto infine per espansione ortogonale del dettaglio e rimodellamento delle forme-parola.

L’effetto che si ottiene, pur tirandosi dichiaratamente fuori dall’impianto della “poesia visiva o concreta”, è prettamente immaginifico, configurandosi come una sfocatura radiale del messaggio, che bypassa la normale comunicazione e perviene al destinatario nella forma di un paradossale sistema di decostruzione del reale. Ecco che i testi vengono quasi sottoposti a un vero e proprio trattamento di rendering, modificandosi nella propria funzione d’immediatezza visiva, come fossero immagini trattate ai filtri di una pertinente versione di photoshop. I testi deformati dall’effetto sfera, quelli composti da citazioni o estratti di testi scientifici della botanica, della biologia, della fisica, della chimica, dell’astronomia, aggiungono forma all’informe della significazione, che viene puntualmente sottratta al proprio consueto contesto d’uso. Spesso la pagina presenta un testo composto in modalità mista, apparentemente tramite molteplici tecniche scrittorie, tra cui esempi di  googlism, found statements, eavesdropping, il tutto assemblato e reso manifesto attraverso una distorsione curvilinea, concava o convessa. Spessissimo, in modo sparso per tutto il volume, le parole, i sintagmi e le intere frasi subiscono la sovrimpressione, di sé stesse o di altre, come nello spiazzamento impervio del foglio da parte di una macchina da scrivere disallineata.

L’iconizzazione della pagina che deriva da queste tecniche di capturing immaginifico desacralizza il contenuto crismale che ci si aspetterebbe da un testo poetico in base all’orizzonte normalizzato di attesa e offre la fenomenologizzazione di un “reale occultato sotto l’informazione     sotto il resoconto della realtà”, che fonde forma e contenuto generando un iperstrato, dotato di densità estrema, della ratio fotografica del dire.

Già in passato, De Francesco aveva utilizzato tecniche di movimento e focalizzazione tipiche del cinema, creando un effetto iperrealistico davvero unico nel panorama ultracontemporaneo della scrittura di ricerca. Ora, egli tridimensionalizza la parola scritta trasformando il testo in una sorta di laser scan o di oggetto ricreato architettonicamente in base alle tecniche e ai principi della fotogrammetria.

La nuvola di punti ottenuta da questa applicazione indebita della dimensionalità alla pagina non riguarda solo la forma, ma anche e soprattutto il contenuto e, di fatto, coincide con il testo. Il testo così realizzato non corrisponde con la realtà, ma nemmeno con la semplice forma analogicamente o metaforicamente data della realtà; come dire che il testo risultante non è una semplice poesia, ma una sorta di rilievo architettonico della pulsione evocativa del linguaggio, ovviamente “realizzato” (è proprio il caso di dirlo) in low definition, in bianco e nero, mantenendo l’alveo significante della pagina scritta di un libro di poesie.

Di queste similrenderizzazioni iperrealistiche, la più semplice ma la più perfetta è il cerchio in cui è inscritta una croce oppure un punto, che viene utilizzato, come fosse posizionato nella griglia grafica che in un listato basic incolonna i caratteri verticali e quelli orizzontali a comporre figure e figurazioni parolografiche, nel testo eponimo della raccolta; ammesso che pur si tratti di raccolta, e non, invece, di un manuale destrutturato di ermeneutica della differenza tra Realität e Wirklichkeit. (Sonia Caporossi)