Premio Bologna in Lettere 2020 – I premi speciali – Davide Castiglione

Premio Bologna in Lettere 2020
I premi speciali del Presidente delle giurie

Davide Castiglione

«Si compiono cose come morire»
Fedeltà o meno in Doveri di una costruzione

 

 

Tracciare un percorso all’interno dell’ultima raccolta di Davide Castiglione non è impresa semplice: tanto per l’eterogeneità dei mezzi stilistici e linguistici impiegati quanto per la profonda densità concettuale dei testi raccolti. Una via però – una delle tante possibili – che mi è sembrata delinearsi più spontaneamente di altre è quella che muove dalla Storia di Noam, testo da cui si estrapola lo stesso titolo del volume:

 

 

Eppure lo spazio

nel Kibbutz c’erano giorni che era un arco

di arti e di menti in un tutto che si risponde,

teso lungo sul campo dove facevo la mia parte

 

 

Versi che, inserendosi in una sezione significativamente intitolata I progettisti, sembrano alludere allo spazio esplorato dall’opera nella sua interezza, nella sua conformazione di strumento di osservazione, di mezzo («considering the word as medium rather than a straight means of communication»)1 attraverso il quale la voce del poeta può tentare una ricostruzione del reale:

 

1 Le citazioni in inglese sono tratte da Davide Castiglione, Difficulty in Poetry – A stylistic Model, London, Palgrave Macmillan, 2019.

 

 

ho lasciato alle spalle

i doveri di una costruzione a blocchi

e con essi le polveri di questo mio stato incerto

 

 

Una ri-costruzione («dallo sguardo intento di lui / ricostruisco la postura di lei») che si muove tra tonalità cronachistiche («Passata la statale / delle piscine i gusci verdeacqua») e aperture sul paesaggio psichico della voce poetante («Sopra, esteso, dell’altro niente / che si riversa in loro») e che ha come punto di partenza un decentramento dello sguardo dell’autore e di quello del lettore. Si pensi, per quest’ultimo, allo sperimentalismo grafico di alcuni testi – caso estremo quello di Elevazione della plastica, che si struttura su una specularità tanto testuale quanto tipografica –, che fanno sì che il lettore modifichi la postura, per seguire una voce la cui tonalità costantemente oscilla («Ma la costruzione a blocchi / pesa ancora, a volte, e mi fa amare le linee rette») e si tende.

 

“Se una poesia, di qualsiasi tipo e affiliazione, non contiene un qualche tipo di tensione – nella situazione raffigurata, nelle soluzioni formali, nel dubitare vigorosamente di sé stessa, nello sporcare la bella forma senza idolatrare l’informe, nel mettere mine anche sotto il proprio nichilismo (qualora ci fosse), nel problematizzare la propria fiducia, nel mettersi alla prova durante il suo farsi – allora il discrimine fra fedeltà e posa si assottiglia pericolosamente: proprie di entrambe sono infatti la ripetizione nel senso più ampio (che sia di un habitus autoriale, di uno stilema, di un tema…), e cioè un senso di consistenza (nel senso di consistency) e riconoscibilità organica. Solo che nella fedeltà c’è necessariamente anche uno sbandamento, un modo e moto propulsivo nel riproporsi, tanto più necessario quanto più si vorrebbe mantenere la presa sul reale (sulle potenziali fonti nutritive del verso); nella posa invece la ripetizione riconferma il suo sistema interno, è lo strumento per creare un prodotto anziché un proficuo nemico del processo”. (1 novembre 2020)

 

 

Così Castiglione su Facebook, fornendo forse una chiave di lettura per la raccolta: si parla di tensioni, dunque, di sbandamenti, di un moto propulsivo che sappia costantemente mettere alla prova quanto precedentemente scritto (verrebbe da pensare a Popper). Di particolare rilevanza, questo atteggiamento, quando il verso volesse mantenere stretta la propria «presa sul reale» – come scrive l’autore –, un legame con «i fatti materiali che condividiamo in quanto creature incarnate» (Pam Morris).

«Ogni rappresentazione della realtà implica una selezione e dunque una schematizzazione, come ci insegnano le scienze cognitive» – scrive ancora l’autore, stavolta in una recensione dei Sistemi (Interno Poesia, 2020) di Dimitri Milleri – «al tempo stesso, la fame di realtà aumentata insita in ogni operazione letteraria […] fa percepire tale schematizzazione come limitante, e cerca di superarla tramite una resa simultanea di diversi piani di realtà».

Inevitabile una schematizzazione dunque («Ora ritaglio questi rettangoli») nella rappresentazione del reale; rappresentazione che non può sottrarsi – senza cadere altrimenti nella posa – a una costante tensione, a un atteggiamento che richiede da parte della voce poetica una continua messa alla prova del linguaggio di fronte al flusso dell’esperienza. Da qui dunque lo stile marcato della poesia di Castiglione: uno stile difficile, nel quale è possibile ravvisare molti di quei fattori di difficoltà individuati dallo stesso autore nella poesia degli angloamericani Stein, Pound, Stevens, Cummings, Crane, Thomas, Hill, Howe e Bernstein nel suo volume monografico Difficulty in Poetry – A stylistic Model (Palgrave Macmillan, 2019).

Si pensi, innanzitutto, all’incontro-scontro tra opposte modalità rappresentative: il discorso, a tratti squisitamente narrativo – come nella breve prosa L’angelo del protocollo –, si carica altrove di suggestioni più oscure («obscurity […] is often associated with matters of depth or multiplicity of meaning»), anche attraverso il frequente ricorso a similitudini («Dall’antro fra cattedrale e palazzo provengono i suoni più ultraterreni / come di sfere»), metafore («the chief agent of meaning displacement») e personificazioni («la morte / si infila da troppe direzioni»; «un sorriso a stella / pronto a cambiarsi d’abito»).

Per quanto riguarda il lessico – il quale assume poi ulteriori risonanze attraverso l’impiego delle ripetizioni («Lui sarà rasoterra ma la fiamma verticale / la fiamma verticale sul dorso / di finto cuoio del portafoglio / il finto cuoio del portafoglio») – forte è il contrasto tra la spinta astraente di lessemi rari e di tradizione letteraria («Ero carente ovunque e anelai con ferocia. / Dal cuore della casba ai piani alti un plauso / scrosciò com’era giusto sopra il mio peccaminio») e la concretezza del vocabolario di alto uso e di alta disponibilità («il papà si sdraia sull’erba»). Contrasto al quale partecipa anche la presenza di numerosi forestierismi, tratti soprattutto dall’inglese («fellow passengers»), che – inseriti in un regime linguistico di code switching – contribuiscono, in alcuni testi in particolare, a restituire il confuso flusso di informazioni proveniente dal web e in cui siamo costantemente immersi.

 

 

lo vedremo mettere densità a caso

tra i like così da potere

pesare a dovere

far cronaca di questa mattanza creativa beautiful

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e anche il mio se leggi bene, stellina.

 

 

La restituzione di tale flusso, come anche l’escursione tra registri diversi, sono particolarmente incisivi nella compatta serie degli Ambience elettronici:

 

 

 

Tutto il sensibile trema diffusamente

senza umanità. Prendi questo tronco

e la chiazza larvale dei pixel intorno al tronco.

Notare che non immetto del contenuto

nel cubo di questo studio. Notare due

baciarsi benedetti dal sistema binario.

Ci sono decimali, segni di maggiore

e minore, shape 0.45 vorrà dire

apocalisse cibernetica se il sound

radicalizza in uno spigolo severo.

Strappi di velcro morsi di lupo tuoni.

 

 

 

Si pensi poi all’alternanza di ambiguità e sprezzature sintattiche – numerose le dislocazioni («inseguiamola / la pallina»; «I piatti e il loro cumulo di cene / li hai evasi») e le reticenze, anche brusche, date dai puntini sospensivi («l’imprevisto assume forme impreparate da sempre mostr / … / sposalizio tra rimbombo e ronzio, stropiccio noise») –, e periodi invece di una linearità cristallina. Significativo in tal senso è anche l’utilizzo dell’interpunzione, in alcuni testi impiegata in maniera apparentemente neutra, altrove invece fortemente connotata, se non portata direttamente al “grado zero” (vd. Giochi di ruolo). Forte, infine, è anche la tensione tra discorso sintattico e metrico, che emerge in maniera particolarmente evidente nella presenza di forti enjambement («per respirare per / evadere»; «ripetuta per / ogni membro»; «respirano a migliaia / di chilometri»; «seguendo / il Vipassana»).

Tutte le diverse tendenze e i diversi registri presenti nel libro si raccolgono poi in un testo-crocevia come Kaunas, poemetto in cui le diverse modalità si sommano, o meglio sovrappongono, come in un palinsesto.

Da tutte queste tensioni emerge uno stile che nel complesso risulta fortemente marcato dal dominio intellettuale che l’autore esercita sulla materia linguistica, e dalla lettura emerge con evidenza la prevalenza della dimensione semantica e sintattica del testo su quella fonologica e prosodica, importante sì ma soprattutto «in quanto vettore d’informazioni attitudinali», scrive Castiglione nella rubrica Gli spazi mobili della poesia di «Critica Impura». Il lettore è dunque invitato a soffermarsi sulle parole per ripensarle, piuttosto che a proiettarsi empaticamente nel testo. «La difficoltà deriva da tecniche anti-rappresentative, anti-mimetiche, accompagnate da una “oggettivizzazione” del discorso poetico» – scrive Castiglione nel suo articolo Nel mondo sensibile: empatia e focus descrittivo su «La Balena Bianca» – «dalla impersonalità modernista alle tecniche di collage, mescidamento dei registri, oggettualità, messa in crisi della narrazione lineare, ecc. che impediscono di individuare un locutore centrale e quindi di proiettare un mondo psicologico unitario nei testi».

La riduzione dell’accessibilità del testo ottenuta attraverso questo distanziamento rende dunque difficoltoso per il lettore proiettarsi nei testi in cui l’io è ordinatamente rimosso come soggetto poetante («reduction of subjectivity»): sono ridotte le occasioni in cui un pronome personale alla prima persona prende parola («una nuova forma che mi costa / il travaglio ripetuto di cento e ancora cento / schizzi al carboncino, progressivi e numerati / giorno dopo giorno, prima che io rientri in me»), mentre emerge invece una più diffusa impersonalità («Si compiono cose come morire»).

Si sarà notato che per parlare della poesia di Castiglione non ho potuto fare a meno di far ricorso ai suoi testi critici e teorici; questo perché credo che essi siano strettamente implicati – ma reciprocamente autonomi – con Doveri di una costruzione. Il lavoro di Castiglione si profila così in tutta la sua coerenza; ma anche nella sua capacità di mettersi costantemente in discussione, di “testarsi” contro sé stessa. Così l’autore invita il lettore a fare lo stesso: a non rilassarsi su alcuna apparente convinzione acquisita, a restare costantemente vigile rispetto all’insidia del confirmation bias; e forse potremmo affermare che è proprio in questa agilità, in questa difficoltà calibratissima che risiede, tanto in questa raccolta, quanto più ampiamente – azzardo – nel lavoro di Castiglione, il discrimine più evidente tra ciò che sarebbe posa e ciò che invece è fedeltà (Noemi Nagy).

 

 

Davide Castiglione (Alessandria, 1985) è docente di materie letterarie e linguistiche all’Università di Vilnius in Lituania. Si è laureato a Pavia con una tesi su Vittorio Sereni traduttore da William Carlos Williams, e dottorato a Nottingham (Inghilterra) con una tesi sulla difficoltà nella poesia angloamericana, poi divenuta libro (Difficulty in Poetry: a Stylistic Model, Palgrave 2019). Ha inoltre all’attivo cinque articoli scientifici e un centinaio fra note e recensioni sulla poesia contemporanea, raccolte sul sito Critica del testo poetico. Come poeta, è autore di due raccolte: Per ogni frazione (Campanotto, 2010, segnalazione Premio Montano 2011), e Non di fortuna (Italic Pequod 2017). Una terza raccolta, dal titolo Doveri di una costruzione, dovrebbe vedere la luce entro la fine del 2021. Sue poesie sono state pubblicate su varie antologie e riviste, sia online che cartacee, tra cui «Poesia» (con una nota di Maria Grazia Calandrone), «L’Ulisse», «Il Segnale», «Inchiostro», «Nuovi Argomenti», «Formavera», «Atelier», «Poesia del nostro tempo». È risultato vincitore al premio «Renato Giorgi» nel 2018 (sezione Cantiere) e nel 2020 (sezione Raccolta inedita), e al premio «Irene Ugolini Zolli» per la prefazione al volume Concerto per l’inizio del secolo, di Roberto Minardi (Arcipelago Itaca 2020), nonché finalista al Premio «Lorenzo Montano» per l’inedito (2018 e 2020), e finalista al premio «Poesia di strada», sempre per l’inedito (2020). Ulteriori informazioni si possono trovare sul suo sito personale.