premio Bologna in Lettere 2020 – I premi speciali – Giorgiomaria Cornelio

Premio Bologna in Lettere 2020

I premi speciali del presidente delle giurie

 

Giorgiomaria Cornelio

 

 

Marilina Ciaco
 Nota di lettura a La promessa focaia di Giorgiomaria Cornelio

L’opera prima di Giorgiomaria Cornelio, pubblicata da Anterem nel 2019, si intitola significativamente La promessa focaia, a segnalare sin dalle «soglie» del testo un orizzonte di dissolvimento e ricostituzione, di rinascita, che è ignifero e ardente a un tempo – s’inscrive nel fuoco, comunica «fuoco» a colui che è irretito dal fascio di luce sprigionato, è fuoco esso stesso, spinto sino alla soglia dell’autocombustione, dello scioglimento sull’orlo del baratro.

Cornelio, autore giovanissimo ma già ben consapevole dei propri strumenti retorico-stilistici, trasporta chi legge in una fitta selva di simboli, citazioni, richiami, riscritture e Ur-scritture, allestendo un sapiente pastiche linguistico e filosofico volto a ripercorrere alcune delle tappe fondanti di una certa tradizione mistica e sapienziale. Gertrude di Helfta, Il libro della scala di Maometto, il Böhme di Aurora, convivono con una altrettanto vasta schiera di «corrispondenti» poetici: Remo Pagnanelli, Corrado Costa, Dylan Thomas, Emilio Villa, colto, quest’ultimo, nello spasimo più intransigentemente rivoluzionario della propria «abiura». Se dunque, scrive Cornelio, «Noi abbiamo abiurato, / e in questo sta l’arsione, / l’acerbo dono», soltanto dalla sovversione radicale e dal rovesciamento dell’ordine preesistente (l’ordine della separazione e delle categorie, l’ordine della norma) potrà scaturire la «scintilla albale» cui fa riferimento Laura Caccia nella postfazione alla raccolta. Il campo semantico della piega deleuziana, generata dalla tangenza fra un numero infinito di curve in infiniti punti e dal dischiudersi di universi cavernosi nell’infinita variabilità dell’oggèttile, attraversa con un alto numero di occorrenze l’intero cursus/fluxus tracciato dalla sequenza di testi: «clausura ustoria», «l’andare di scosse», «comporre il dissesto», «di questa sommossa farai/ torchio, abluzione o lavacro», «I simboli sono fessure», «nell’albore dello strappo», «l’incrinatura», «lo screpolarsi delle cose», «Non si può piegare/ l’inevidenza», e ancora «l’insediamento», «l’incircoscrivibile nel luogo», «un’infanzia di stimmate lunghe e penose».

Se la piega è anche strappo, ferita, screpolatura, la parola di Cornelio sembra assumere su di sé il dolore dell’esistenza individuata, riflesso del dolore dell’enigma che la regola, eppure qui l’esperienza estetica della scrittura (fattasi nomade, sinusoidale, bustrofedica) sembra muoversi in direzione di una sublimazione del tragico che, nel contempo, non ne cancelli le tensioni e le contraddizioni eterne.

Alla voce che domanda «se legittima è la radice/ dell’inchiostro», la poesia che leggiamo risponde con una parola incarnata, materica, creaturale, una parola che penetrando l’involucro storicamente cristallizzatosi del simbolo ne riabiliti l’energia poietica ritornando a farsi «alfabeto», riscoprendo il proprio afflato epico e archetipico, nonché autenticamente rituale. Rituali saranno da considerarsi, per l’appunto, i numerosi inserti iconografici che costellano la raccolta coniugando immagini sacre, fotografia contemporanea, disegni come tracce di un tempo perduto: un contadino che raccoglie lettere dell’alfabeto in un dettaglio da Il libro delle ore di Margherita d’Orléans (1426-1438 circa); la risposta di Maria, capovolta, nell’ Annunciazione di Cortona del Beato Angelico (1430); la mano della Pietà di Michelangelo fratturata da Laszlo Toth il 21 maggio del 1972; un dettaglio del trattato Liber de laudibus Sanctae Crucis dell’abate Rabano Mauro; un’area dell’abbazia dei cistercensi della stretta osservanza di Mount St. Joseph in Irlanda; La Pietra del Destino, o Lia Fáil, il megalite che si trova sulla collina di Tara, nel County Meath in Irlanda; le isole britanniche «“consumate” fino a disapparire» dal mappamondo della biblioteca dell’abbazia di Mount St. Joseph; un tratto della Wicklow Way (Slí Cualann Nua) che attraversa i monti Wicklow, in Irlanda; le cascate del giardino dell’abbazia di Mount St. Joseph.

La «Pyrosophia» di Giorgiomaria Cornelio si dimostra pronta a «passare attraverso la catastrofe» per costruire, dopo un fosco «veder senza figura», una nuova figurazione verbale e iconica in grado di condensare passato, presente e futuro in una «dispersione» generatrice, il cui approdo ultimo sarà forse proprio «il Libro: emblema e negazione dell’incendio». Ci sembra pertanto di essere di fronte a un pensiero transitivo, intimamente scisso e proprio per questo proiettato verso la comprensione dell’umano e del non umano, dei bagliori e delle macerie della storia universale – un linguaggio votato, per dirla con Emmanuel Lévinas, alla «prossimità» e al «contatto», cifre primarie dell’essere con l’Altro: «La soggettività di carne e di sangue nella materia […] è significanza preoriginale donatrice di ogni senso perché donatrice […]. L’identità non si produce qui attraverso la conferma di sé, ma attraverso la deposizione di sé, deposizione che è l’incarnazione del soggetto o la possibilità stessa di dare, di bailler signifiance» (Lévinas, Altrimenti che essere, trad. it. di S. Petrosino e M.T. Aiello, Milano, Jaca Book, 1983, p. 99).

 

 

GIORGIOMARIA CORNELIO (1997) ha fondato insieme a Lucamatteo Rossi l’atlante Navegasión, inaugurato con il film Ogni roveto un dio che arde durante la 52esima edizione della Mostra del Nuovo Cinema di Pesaro. La loro Trilogia dei viandanti (2016-2020) è stata presentata in festival e spazi espositivi internazionali. Cornelio è curatore del progetto di ricerca cinematografica «La Camera Ardente», e redattore di «Nazione Indiana». Suoi interventi sono apparsi su «Le parole e le cose», «Doppiozero», «Il tascabile», «Antinomie», «Il Manifesto». Ha vinto il Premio Opera Prima con la raccolta La Promessa Focaia (Anterem, 2019). È in uscita per Luca Sossella Editore il suo secondo libro di poesia, Il detto e la carie. Insieme a Giuditta Chiaraluce ha ideato il progetto di esoeditoria Edizioni Volatili.