Premio Bologna in Lettere 2023 – Elisa Audino – Nota critica di Loredana Magazzeni

Premio Bologna in Lettere 2023

Sezione C (Poesie singole inedite)

Nota critica su Elisa Audino, Esodo

 

 

 

“Il 23 marzo 2021 alle ore 7:40, la Ever Given, una portacontainer della classe Golden lunga 400 metri, si incagliò nel Canale di Suez provocandone l’ostruzione. La nave era stata precedentemente colpita da una tempesta di sabbia e spinta da forti venti fino a 74 chilometri all’ora, causandone l’uscita fuori rotta”. Da questo nudo fatto di cronaca muove l’omonima poesia del trittico di Elisa Audino, che si è imposto all’attenzione della giuria per l’originalità delle formule linguistiche e poetiche adottate. Così la cronaca di un avvenimento mondiale è ripresa da Audino a simbolo di una condizione umana permeata di impotenza e di stallo.

“La poesia per me esprime essenzialmente una dissonanza. Carver è stato un maestro in questo, andare a toccare la corda stonata lasciandoti camminare sullo stesso vetro”. 

Con queste parole, da un’intervista di Giorgia Monti per «Versante Ripido», Elisa Audino (Laurea in Comunicazione Interculturale, esperienze di attivismo e giornalismo locale, organizzazione di eventi politico-culturali, una raccolta di poesia, Io qui ci vivo, per le edizioni Gatto Merlino 2021 e un romanzo, Orata in offerta, Capponi Editore) ci introduce alla sua modalità dissonante di creare atmosfere, di accennare narrazioni, di utilizzare segni grafici, inserti e cancellazioni, forme e tasselli di lingua da linguaggi mediatici, popolari, biblici, cronachistici, scientifici, quotidiani. Quasi un Esodo contemporaneo, titolo della silloge, l’immensa nave portacontainer “incagliata dal vento/ il Mar Rosso divelto da sabbia deserta” è simbolo della condizione contemporanea, quella di un continuo traffico di merci e persone che non genera benessere ma solo stasi e distruzione.

E mentre i flagelli biblici di malattie come il Covid si abbattono, al modo di punizioni divine sul genere umano, resi quasi sottotraccia musicali di un film, la presenza di un dio che guarisce, un taumaturgo salvatore, si fa forse più sfumata e lontana. Tanto che l’anafora martellante, usata nel secondo testo, Poesia per una telefonata seduta a terra, diventa il ritmo assordante della lenta fotocronaca di un suicidio (forse anche qui il dato di cronaca è l’avvio per la riflessione poetica): “Concedigli la comprensione/ Concedigli una mano sulla testa/ [cranio ricomposto/ [titoli accartocciati al suolo/ Concedigli la digressione/ Concedigli i polsi, il volo dal quarto piano”.

Una poesia, la sua, fatta dunque di pietas per la comune condizione umana, ma anche di racconto spietato in cui la quotidianità ci avvolge, e su cui la poesia, come atto di riflessione e di rivoluzione, vuole portare risarcimento e versare rabbia.

Così la musica è coprotagonista del terzo testo, Dolce disarmonico swing, in cui ancora una volta ci si avvicina a un corpo in migrazione, che si sta smarrendo in un abbraccio di salvezza: “Ti tengo ti tengo ti tengo/ ed era un conforto nel cemento/ un salto di ottave tra merci accatastate/ la galletta dei Penati [Mediterraneo silente]”. Di fronte a eventi epocali che stanno sconvolgendo le nostre vite Audino porta non il conforto della poesia ma la testimonianza della poesia e la sua forza accusatrice e salvifica. (Loredana Magazzeni)