Daniele Barbieri: Le percezioni elementari di Simone Biundo

Premio Bologna in Lettere 2021

Daniele Barbieri: Le percezioni elementari di Simone Biundo

 

Di elementare, in questa raccolta di Simone Biundo, c’è forse il rapporto percettivo con il mondo circostante, fatto di annotazioni capillari, quasi banali, come a focalizzare quello che non si focalizza mai, in quanto troppo normale, troppo vicino, troppo frequente. E invece, su questa normalità trascurata si basa tutto quanto, nella nostra quotidiana interazione con il mondo: le anime elementari sono quelle delle cose che ci attorniano, spesso inosservate, difficilmente osservabili per la loro stessa normalità.

Questa costellazione di minuzie percorre tutte le poesie della raccolta, e costituisce lo sfondo di riferimento per tutto quello di cui, caso per caso, qui specificamente si parla. A volte non c’è altro, o meglio c’è solo l’illusione, la speranza che ci sia dell’altro, e “nessuna luce / riflette sul trasloco degli animi”. A volte, la sensibilità si rivolge persino al residuo, al buttato via, in una sorta di lirica sconsolata del pattume: “Luccicano resti di bottiglie spezzate / imballaggi, cartoni e accendini / sacchetti di patatine / prendono il volo”. Altre volte, la normalità fa da sfondo alla tragedia (”Esco di casa / prendo le forbici dalla cartella / prendo a sforbiciare il compagno”, o anche “Mihail, precipitato dalle rocce in un pomeriggio di nebbia”).

Poi ci sono gli animali, le montagne, in generale la natura, con cui abbiamo relazione, o nella quale ci trasformiamo nei sogni. Si tratta di un altrove, ma non veramente, così intimamente legata, com’è qui la natura, alle nostre percezioni di quello che ci sta attorno. Anche le cose naturali non sono che correlativi oggettivi di questo nebuloso rapporto con il mondo, dove tutto è a fuoco al medesimo tempo, e proprio per questo la nostra attenzione rimane diffratta, non focalizzata.

È come se non ci fossero gerarchie di valore, nel mondo di Simone Biundo: le piante sono persone, gli uomini sono animali, le cose sono noi, il piccolo è grande, il grande è piccolo. Rimane lo squallore e la violenza, ma anche loro sottotono, suggeriti: “È tutto piatto”, insomma. Rimane l’angoscia per questa (relativa) ottusità del percepire: non che non si percepisca, perché in verità qui si percepisce moltissimo, ma con la sensazione che quello che si perde sia comunque la maggior parte, “perché non c’è mai stato niente / solo credere di avergli appartenuto”.

Biundo, più che sapere di non sapere, sembra percepire di non percepire. Una poesia sottile, fatta di presenza di assenze, di attese che non arriveranno a compiersi.