Bologna in Lettere 10th – INTERNATIONAL POETRY REVIEW – Eugenia Dobrova

Bologna in Lettere 10th

 

BĂBÉL

stati di alterazione

 

INTERNATIONAL POETRY REVIEW

 

 

Eugenia Dobrova

Mariella

Traduzione di  Rosa Karataeva

 

 

Eugenia Dobrova. Scrittrice, critico letterario, poetessa, traduttrice. Si è laureata presso L’Istituto letterario di A. M. Gorky. Per oltre dieci anni ha lavorato come redattrice letteraria nei media. Finalista dei Premi di Bunin e Astafiev. Vincitrice del concorso di giovane drammaturgia “Lyubimovka”. Autrice di libri: “Persone non grata e grata” (pubblicato nell’ambito del programma federale di destinazione “Сultura della Russia”), “Il tè”, “Terre di Maldoror” e altri. Due volte borsista del Ministero della cultura della Russia. Borsista di ministro della cultura e del patrimonio nazionale della Repubblica di Polonia in programma Gaude Polonia, istituita per giovani artisti che hanno risultati significativi nel loro paese. Membro Dell’Unione degli scrittori di Mosca. Membro del PEN Club Internazionale.

 

 

Мариэлла

 

Кто не придумывал имена несуществующим детям?

В отеле, с любовником,

И, как правило, начинал это он.

Я вам расскажу про Мариэллу.

Так назывался паром Стокгольм — Хельсинки,

Дом на воде                           

С джаз-бандом и рестораном.

И вот мы на темной воде,

В каюте без окон,

Свет такой тусклый,

Что лучше б и не горел.

Я сижу голая и заинтересованная.

Тусклый свет,

Запах хлорки,

Печенье на тумбочке,

Вдруг орет пожарная сигнализация,

Он говорит — да это учебная,

И она орет и орет,

А мы сидим голые,

И он говорит:

 — Ну что — назовем Мариэлла?

А я говорю:

 — Смешно так называть ребенка, в честь парома.

 Вой затихает. Лампочка мигает и гаснет.

В коридоре слышен стук швабры.

 

***

 

Mariella

 

Chi non ha mai inventato nomi per bambini inesistenti?

in una locanda, con un amante,

e, come al solito , ha iniziato lui.

Ti parlerò di Mariella.

Questo era il nome del traghetto Stoccolma-Helsinki,

una casa sull’acqua

con una jazz band e un bistrot.

Ed eccoci in acque scure

in una cabina senza oblò,

la luce è così flebile

che sarebbe meglio se non esistesse.

Sono seduta nuda ed incuriosita.

La luce fioca,

odore di cloro,

gallette sul comodino.

Improvvisamente l’allarme antincendio urla,

dice: tranquilla, è solo una simulazione,

ma esso ulula ed ulula,

e ci sediamo nudi

e lui dice:

“Beh, la chiamiamo Mariella?”

E io dico:

“È grottesco chiamare così una bambina, come un traghetto”.

L’urlo si placa. La spia lampeggia e muore.

Nel corridoio si sente il rumore di una ramazza.