Premio Bologna in Lettere 2020 – Nota critica di Sonia Caporossi a Michele Zaffarano

Michele Zaffarano, Sommario del luoghi comuni (Aragno)

Sezione A – Opere edite – Finalista

 

 

Anaforica dell’aneddoto: i luoghi comuni di Michele Zaffarano

 

 

Michele Zaffarano ci avverte in esordio, con Roland Barthes, che “I luoghi comuni hanno per Aristotele un senso del tutto diverso da quello che noi attribuiamo a questa espressione. I luoghi comuni non sono degli stereotipi pieni, ma al contrario, dei luoghi formali: in quanto generali (il generale è proprio del verisimile) sono comuni a tutti i soggetti.”

Nella tensione formativa del luogo comune aristotelico, Zaffarano si ingegna a scovare una dimensione strutturale del testo che riesca a rendere la scomposizione del significato di un sintagma attraverso la ridondanza del significante, per fare in modo che un luogo venga appercepito (ovvero percepito consapevolmente, nel senso di Leibniz e di Kant) come comune a ogni soggetto, o, per dirla diversamente, per fare in modo che ogni soggetto sussuma sotto di sé la somma di ogni luogo possibile come referenzialità che si dia nell’immediato. Appare subito chiaro che una tale composizione, in realtà, non possa essere altro che una scomposizione la quale, beninteso, va a catturare l’aspetto rilevante della dimensione discorsiva proprio nel momento in cui ne affossa l’immediata referenzialità sul piano conversazionale/comunicativo. Ciò che rimane, per sottrazione, è quasi il corpo di fondo del significato delle sequenze discorsive che Zaffarano pone in atto; sequenze discorsive che, per ottenere questa ripulita al grado zero, vengono ricondotte dall’autore alla forma di mere sequenze ricorsive. Esse, quanto al loro senso mai univocamente inteso, tolgono dialetticamente nel momento stesso in cui aggiungono, e aggiungono nel momento stesso in cui tolgono. Per capire in che modo Zaffarano ottiene questo effetto concrezionale, prendiamo alcuni testi di “Sommario dei luoghi comuni” (Nino Aragno 2019) che possano risultare esemplificativi e funzionali all’analisi.

L’espediente tecnico principale con cui Zaffarano scompone diaireticamente e indaga questo campo di spostamento e rimando circolare continuo tra aggiunzione e toglimento è quello dell’anacolutica mancanza di concordanza tra verbo e soggetto: sistematicamente, a soggetti plurali sono connessi verbi alla terza singolare, perché si va dall’universale al particolare, anzi, al particolato, alla frammentazione sintattica del nesso e quindi del significato che consenta l’inglobamento di quanti più singularia si possa enumerare sotto il cappello entropico del predicato.

 

Delle idee arriva le forme delle idee
delle idee prevale le forme delle idee

 

 

Appare evidente a una lettura attenta come il nesso sintattico si sleghi solo per ri-legarsi ancor più strettamente a un coacervo logico che opera in un campo semantico di pertinenza enormemente slabbrato, dilatato, quasi quantico. E la slegatura/ri-legatura del nesso sintattico non si ottiene solo in questo modo: a volte è il soggetto stesso a ritrovarsi in dispersione, in dissipazione, nell’obnubilamento progressivo del connettivo logico dell’implicazione materiale; per cui, a fornire un appiglio alla com-prensione, a volte rimane solo un avverbio (in questo caso, di luogo comune, appunto):

 

primariamente sta meglio nei posti qui
capisce meglio nei posti qui
dipende le forme delle idee qui

 

 

Più avanti il soggetto si rende ancor più patentemente forma del pensiero nomade, contro qualsiasi codificazione e inquadramento normativo, e si sposta nel con-testo per operare shifting di significato tecnicamente sottolineati dalle strutture anaforiche e dalle ripetizioni all’interno della versificazione: il textus, in questo senso, diventa uno sconfinato e sconfinante apparato funzionale deterritorializzato, per dirla scopertamente con Deleuze, in cui le idee vengono proiettate in un caleidoscopio magistrale di realtà concettuale aumentata man mano che, al contrario, involvono quanto a correttezza morfosintattica e semantica:

 

 

le forme delle idee si evolve seguendo agli aumenti
si evolve seguendo le disposizioni
le disposizioni delle idee segue delle idee
le disposizioni delle idee agli aumenti segue agli aumenti
le forme delle idee prevale le forme
le forme si evolve seguendo le disposizioni delle idee

 

 

Si tratta di una decostruzione sistematica proprio perché destrutturando la sintassi lineare del discorso opera aggiunte progressive in uno schema circolare, che sottintende lo slittamento continuo verso una significanza ulteriore, siccome in linguistica il dato di insignificanza o non sequitur di una sequenza anacolutica è fornito solo in un determinato contesto qui-ed-ora, in senso storico, sociale e psicolinguistico, ma in senso assoluto, al contrario, non si dà come tale mai.

Zaffarano, in un certo qual modo, reclama l’esigenza del controsenso che si fa as-senso, tra anafora e catafora, laddove l’irregolarità come devianza dalla norma assume la concretezza di un nominativus pendens che si concentra in intensità metaconcettuale proprio nel momento in cui la ripetizione ne determinerebbe normalmente la dispersione tensiva di senso. In un certo modo, per dirla con l’autore, ci riferiamo a ciò che

 

 

È alle ricezioni dei messaggi
è gli obblighi alle ricezioni dei messaggi
è gli obblighi alle fenomeniche forme dei messaggi
è alle forme delle espressioni
è gli obblighi alle forme delle espressioni
è i gravissimi attacchi alle forme delle espressioni […]

 

 

Obblighi di ricezione che qui sono sfaldati ab origine e, proprio per questo, offrono la vista su cascate indecidibili di parole-rotori in climax progressiva, a volte ascendente, meno spesso discendente. Altre volte, il riferimento è invece ai paradossi e alla nostra modalità di constatazione delle “maniere delle casualità” nelle “integranti frante parti dei legamenti dal mondo”, che interpretiamo, appunto, attraverso “frante ridondanze” le quali ci permettono l’appercezione del reale circostante in un passaggio di consapevolezza ulteriore proprio perché continuamente giocato in bilico “sulle punte dei piedi del mondo”, ovvero fra la centratura autocratica e autoptica di un non-io rimasto senza autòs e lo scardinamento di ogni certezza rimanente.

Proprio paradossalmente, infatti, l’unico testo che riporta nessi logico-sintattici formalmente corretti è quello, a nostro parere, più ambiguo e sistemisticamente aperto in questo senso:

 

 

Il mondo nasconde le magie
il mondo nasconde le stregonerie
il mondo nasconde le promesse
il mondo nasconde le importanze delle promesse
il mondo nasconde le voci delle parole
il mondo nasconde le magie delle parole
il mondo è sopramesso dalle emozioni
il mondo è sopramesso dalle altrui immaginazioni

 

 

Come a dire che l’anaforica fenomenologia del mondo non è altro che una riaffermazione ostentata della possibilità della visione aneddotica di ciò-che-accade proprio nell’atto del nascondimento dietro il velo dell’a-letheia. In altre parole, “il mondo nasconde”, ma non ruba: anzi al contrario il mondo regala, è un generosissimo, immenso ed entropico luogo comune che ostende, ostenta e sparge ogni dove cluster insiemistici di possibilità; giacché il mondo, lo dice l’autore, è “sopramesso dalle emozioni” e dalle “altrui immaginazioni”: lo guardiamo attraverso da un angolo di inter-esse di volta in volta privilegiato, epperò sappiamo bene che il suo dominio, in definitiva, non è mai totalmente presso di noi, è sempre altrove.