Premio Bologna in Lettere 2021 – Sonia Caporossi su Viola Amarelli

Premio Bologna in Lettere 2021

Sezione A (Opere edite)

Viola Amarelli

L’indifferenziata

(Seri editore)

 

Nota critica di Sonia Caporossi

 

 L’atto perlocutorio assoluto nell’Indifferenziata di Viola Amarelli

 

 

Le composizioni di Viola Amarelli procedono per accostamenti che, apparentemente in maniera contraddittoria, giustappongono e, quindi, sovrappongono i sensi ai significati, attraverso i legami sintattici di virgole e trattini che del semplice e rassicurante contesto d’uso compiono piuttosto un patente abuso, esercitato cardinalmente intorno e sul senso intrinseco e immediato del lemma di turno, il cui sistema di riferimento logico si sfrangia caleidoscopicamente in mille piani di significazione. Persino l’anodino, l’insignificante, il dato banale del quotidiano, attraverso il procedimento di costruzione progressiva a cui lo sottopone la poetessa, acquista valore assoluto, si fa reverbero sequenziale di possibilità espressive. Nel plurilinguismo imperante all’interno di questa raccolta, dove i registri alti si affiancano a quelli bassi, il linguaggio attinge dai molteplici campi semantici della scienza, della geometria, della fisica, della medicina, della lingua del vulgus (“esposoma”, “lactobacilli”, “catalisi”, ma anche “cazzo”, “appicciata” ecc.), in una sorta di flusso di coscienza che dal segnico tracima nel figurale, procedimento tale che non si manifesta alcuno scarto tra nozioni e azioni; o meglio, la parola, lungi dalla cristallizzazione in un dato univoco, si quantizza fisicamente in entropia, si fa azione assoluta. È la pragmatica del fare poetico, infatti, ciò che emerge da questa raccolta, che si compone attraverso l’accorto utilizzo di posizionamenti del verso all’interno della pagina, come anche da brevi prose che definirei non tanto poetiche, quanto poietiche, ovvero generative e autogenerative di senso, all’interno delle quali vige e impera l’antica tecnica figurale dell’elencatio, dando luogo a veri e propri campionari di parole a pattern ripetuti, in una musicalità ascendente scandita dalla progressione stessa.

In più luoghi della raccolta, si fa un uso metasemantico del richiamo lessicale in giochi linguistici fondati sulla reiterazione e modificazione successiva del radicale di turno (es. “la coassiale coalescenza del koala”, “la fallacia falotica del fallo. il fallimento”), che avanzando in terra vergine, discioglie la sostanza raggrumata della dicibilità in fuga. Altre volte, la politropia del dettato si manifesta attraverso parole tratte dal linguaggio comune o da quello popolare: “zandraglia”, ad esempio, è il termine napoletano per “donne rumorose”, come l’autrice tiene a precisare nelle note di chiusura; luogo dove Amarelli ci avverte, peraltro, che “i testi qui raccolti esplorano forme, non tanto letterarie quanto topologiche: le strutture necessitate che sostanziano la nostra esperienza di “realtà”. Si tratta di una realtà trattata con il setaccio linguistico e formale della scomposizione/ricomposizione assoluta, che indulge spesso nell’associazionismo patente, nella fluidificazione enunciativa, nella rinuncia all’immediata, facile individuazione di atti constativi e referenti, laddove l’atto locutorio, con Austin, non ha luogo che nel continuo spostamento dell’enunciato nel campo suadente dell’atto illocutorio, ovvero nell’interpretazione (non sul piano intellettuale-teoretico, bensì su quello estetico, sensoriale-espressivo) del dettato stesso, fino ad aprire panorami di libertà metacategoriale nel perlocutorio vero e proprio, voluto e generato dal discorso stesso, atto in cui si compie l’identificazione e la coincidenza tra intenzione comunicativa ed effetto.

La ricerca scrittoria di Viola Amarelli raggiunge pertanto in questo libro un punto di condensazione della propria poetica che lascia trasparire un lavoro di cesello costante e preciso, un’empiria del verso che ama discendere nei luoghi inferni del sottotesto, ambienti aperti al travalicamento dell’asfissia a cui sono sottoposte le parole del nostro linguaggio quando il loro destino permane nell’uso del messaggio referenziale e non se ne osa, poeticamente, l’abuso consapevole che ne violenti entusiasticamente il trito e opprimente carico di significanza letterale.

 

 

Viola Amarelli, campana, ha pubblicato, tra l’altro,  “Notizie dalla Pizia” (2009, Lietocolle), “Le nudecrudecose e altre faccende” (2011, L’arcolaio), i racconti di “Cartografie” (2013, Zona), le poesie di “L’ambasciatrice” (2015, autoprodotto), le prose in prosa di “Singoli plurali “(2016, Terra d’ulivi), le raccolte “Il cadavere felice” (2017, Sartoria Utopia), “L’indifferenziata” (2020 Seri Editore) e, in veste di co-autrice,“La deriva del continente” (2014, Transeuropa) e “La disarmata”(2014, CFR). È presente in numerose antologie, riviste cartacee e on line, è stata tradotta in Germania.

 

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