Bologna in Lettere 10th – Paola Susana Solorza – Poemas

 

Bologna in Lettere 10th – Azione 5

International review of poetry, video art and sonopoems

a cura di Maria Korporal, Eugenia Dobrova, Enzo Campi

 

Giovedì 23 Settembre

Première Ore 21.30 sul canale youtube del Festival

 

Paola Susana Solorza

Poemas

(Traduzione Graziella Sidoli)

 

 

 

 

 

 

Paola Susana Solorza. Nacida en 1977 en Lomas de Zamora, provincia de Buenos Aires, Argentina. Licenciada y Profesora en Letras de la Universidad de Buenos Aires. Diplomada en la Enseñanza de Español como Lengua Segunda y Extranjera por el Laboratorio de Idiomas de la misma universidad, área en la que se ha desempeñado como profesora durante varios años. Graduada del Master Internacional GEMMA en Estudios de las Mujeres y de Género con doble titulación, por la Università degli Studi di Bologna, Italia, y la Universidad de Oviedo, España. Candidata a Doctora en Literatura por la Universidad de Buenos Aires. Empezó a escribir a temprana edad, en 1994 obtuvo el Premio Nacional de Poesía de la Manzana de las Luces. Mención de Honor del Instituto Cultural Latinoamericano en el “V Concurso Internacional de Narrativa 2008”. Tercer Premio del Concurso Literario para Docentes en Actividad 2008 de la SADE -Sociedad Argentina de Escritores-. Mención Especial del “Concurso de Poesía Julio Arístides 2009”. Reconocimiento Especial 2019 del “II Concurso de Poesía Matilde Espinosa” de la Corporación Universitaria Unicomfacauca, Colombia. En 2008 publicó el libro Contigüidades: Un mundo, por la Editorial Botella al Mar (Buenos Aires). Ha participado en diversas revistas literarias, nacionales e internacionales, y en antologías poéticas, entre ellas: Poesía con todas las luces (1995) y más recientemente en IXQUIC – Antología Internacional de Poesía Feminista– (2018), compilada por la poeta chilena Daniela Sol y publicada por Editorial Verbum (Madrid). En la actualidad prepara su segundo libro de poemas bajo el título Intemperies de la memoria

 

 

 

Paola Susana Solorza. Nata nel 1977 a Lomas de Zamora, provincia di Buenos Aires, Argentina. Laureata e Professoressa di Lettere presso l’Università di Buenos Aires. Diploma in Didattica dello Spagnolo come Lingua Seconda e Straniera presso il Laboratorio Linguistico della stessa Università, ambito in cui ha lavorato come insegnante per diversi anni. Laureata presso il Master internazionale GEMMA in Women and Gender Studies con doppia laurea presso l’Università degli Studi di Bologna, Italia, e l’Università di Oviedo, Spagna. Candidata al Dottorato in Lettere presso l’Università di Buenos Aires. Ha iniziato a scrivere giovanissima, nel 1994 ha vinto il Premio Nazionale di Poesia della Manzana de las Luces. Menzione d’Onore dell’Istituto Culturale Latinoamericano al “V Concorso Internazionale di Narrativa 2008”. Terzo Premio del Concorso Letterario per Insegnanti in Attività 2008 della SADE -Sociedad Argentina de Escritores-. Menzione Speciale del “Concorso di Poesia Julio Arístides 2009”. Riconoscimento Speciale 2019 del “II Concorso di Poesia Matilde Espinosa” dell’Unicomfacauca University Corporation, Colombia. Nel 2008 ha pubblicato il libro Contigüidades: Un mundo, di Editorial Botella al Mar (Buenos Aires). Ha partecipato a diverse riviste letterarie nazionali e internazionali, e ad antologie poetiche, tra cui: Poesía con todos las Luces (1995) e più recentemente a IXQUIC – International Anthology of Feminist Poetry- (2018), a cura della poetessa cilena Daniela Sol e pubblicato da Editorial Verbum (Madrid). Attualmente sta preparando il suo secondo libro di poesie dal titolo Weathering for memory.

 

 

 

La muerte que ronda

 

Fuimos deshabitando espacios

con heridas cautivas

por temor al contagio.

La voz se esparció con el virus

y el decir inventó al miedo.

Perecieron el beso y el abrazo.

La mirada sobrevive

con ojos esquivos

sobre las máscaras,

es un puente

en la distancia obligada de los cuerpos,

en los relieves de esta vida

que se escabulle de la muerte.

La muerte que ronda.

La muerte no prevista en las entrañas del mundo,

donde anida de más la ausencia.

 

Durante el día

pensamos sin nombrar

a los que se han ido con el viento

y, por si acaso, un pájaro los trajera de regreso,

la ventana queda abierta…

exhalando bocanadas de memoria.

 

Esa abertura es el pasaje

en el que tirita                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                               pero resiste

la esperanza.

 

 

Las bocas del hambre

 

Las bocas del hambre

invaden las calles,

caminan bajo el yugo de la aurora

abriéndose al día.

Forman un concierto de tripas al viento

que atraviesa el asfalto.

Reclaman su derecho pisoteado

acarreando a la prole.

Bocas grandes, adultas,

pequeñas bocas,

bocas chiquitas, medianas, gigantes,

bocas tumultuosas

vomitan con desparpajo

y la maldita queja…

…cae.

Palabra-vacío-

H A M B R E

A ambos lados del poder

el banquete vedado a los otros.

Las bocas del hambre

avanzan

y en la ciudad ya no queda espacio

libre de bocas,

bocas que pululan…

 infinitas…

 

El hambre se devora a sí misma,

frente a la cara atroz

de quien promete saciarla.

 

 

 

Confines

 

Mudo el cuerpo,

la piel atornillada a las pupilas,

carne la palabra

en sus labios.

 

En los inicios fue el Verbo,

Dios creó al hombre

a imagen y semejanza…

 

Y Eva muda traicionó sus ojos.

 

Poco a poco,

la palabra encarnada

fue ampliando los confines del Paraíso.

Derrumbó con cautela

 los muros de la Historia

para inventar otros ojos…

 

Con los que el viejo Adán

hoy aprende a mirar.

 

 

Poder a deber

 

Desmadrar hijos

en la matriz oscura

de mi prisión,

los hijos que ya nunca vendrán

o que se harán carne

en el verbo anochecido de mi letra.

 

Hay tantas cosas

que puedo y no debo.

 

El deber muere en mis entrañas

como un panóptico herido,

con la mirada ajena

sopesando actos.

 

Me escapé de aquella que debía ser

y corro salvajemente

burlando sentencias,

despojada de los otros.

 

Sin ellos, pero conmigo

en la nítida voz del espejo,

soy la imagen de todas las rebeldías…

Aunque a mis espaldas

se desquite el juicio.

 

***

La morte che ronza

 

Abbiamo disabitato spazi

con ferite in cattività

per timore del contagio.        

La voce si disperse con il virus

e il nostro dire creò la paura.

Perirono il bacio e l’abbraccio.

Lo sguardo rimane in vita

con occhi schivi

sopra le maschere,

è un ponte

nella distanza imposta ai corpi,

nei rilievi di questo vivere

che sfugge la morte.

La morte che ronza intorno.

La morte non prevista nelle viscere del mondo,

dove si annida anche l’assenza.

 

Durante la giornata

ricordiamo senza mai nominare

quelli che volarono via nel vento

e, se per caso, un uccello ce li restituisse 

la finestra rimane aperta…    

emettendo boccate di memoria.

 

Quella apertura è il passaggio

dove rabbrividisce     

ma resiste

la speranza.

 

Le bocche della fame

 

Le bocche della fame

invadono le strade,

camminano sotto il giogo dell’alba

schiudendosi alla mattina.

Formano un concerto di trippe al vento

che attraversa l’asfalto.

Rivendicano il loro calpestato diritto

portandosi dietro la loro prole.

Bocche grandi, adulte,

piccole bocche, medie, giganti,

bocche tumultuose

vomitano sfacciatamente

e il maledetto lamento…

                …stramazza.

Parola-vuoto-

FAME

Da entrambi i lati del potere  

il banchetto proibito agli altri.

Le bocche della fame

avanzano

e in città non rimane più spazio

libero dalle bocche,

Bocche che pullulano…

                 infinite…

 

La fame divora sè stessa,

davanti alla faccia feroce

di chi promette saziarla.

 

Confini

 

Silenziato il corpo

la pelle avvitata alle pupille,

carne la parola

nelle sue labbra.

 

Agli inizi fu il Verbo,

Dio creò il mondo

a immagine e somiglianza sua…

 

E muta Eva tradì i suoi occhi.

 

Poco a poco,

la parola incarnata

andò ampliando i confini del Paradiso.

Fece crollare con cautela

le mura della Storia

per inventare altri occhi…

 

Con quelli che il vecchio Adamo

oggi impara a vedere.

 

Il potere al dovere

 

Svezzare figli

nella scura matrice

della mia prigione,

i figli che mai più verranno

o che si faranno carne

nel verbo imbrunito della mia parola.

 

Ci sono tante cose

che posso e non debbo.

 

Il dovere muore nelle mie viscere

come un panottico ferito,

con lo sguardo estraniato

che valuta atti.

 

Sono fuggita da chi dovevo essere

e corro selvaggiamente

burlandomi delle condanne,

privata degli altri.

 

Senza di loro, ma con me stessa

dentro la limpida voce dello specchio,

sono l’immagine di tutte le ribellioni…

Sebbene alle mie spalle

stia in agguato il giudizio.

(Traduzioni Graziella Sidoli)