Bologna in Lettere 10th – Nono Okuma

Bologna in Lettere 10th

 

BĂBÉL  

stati di alterazione

 

 

Focus sulla poesia giapponese contemporanea

a cura di Karine Marcelle Arneodo

 

 

Nono Okuma

dolente la quiete nel silenzio – infine una goccia di luce

 

 

Nono Okuma [1]

Nata nel 1975 a Tokio, si è laureata in letteratura presso l’Università Waseda. In seguito, ha ottenuto il grado di master presso l’università Gakushûin con una tesi sul poeta, romanziere e pittore, Oguma Hideo (1901-1940). Mentre sta ora lavorando per una casa editrice specializzata nelle scienze umane, segue un corso di dottorato in cure palliative presso l’università Juntendô. Nel 2019 è uscita la sua prima raccolta di poesia dal titolo enigmatico Sayonara, hô, auru watashi no mizu [Arrivederci, uh, gufo- incontrabile della mia acqua]. Sempre nel 2019 ha pubblicato un romanzo intitolato Hitotsu no ayumi, kanaderu [Suonando, un passo in avanti] che è stato tra i finalisti della venticinquesima edizione del Premio della rivista Mita Bungaku per i nuovi talenti. È membro, in compagnia della poetessa Akiko Fujiwara, del musicista Kyôjun Tanaka e del film maker Sôsuke Yamamoto, del gruppo “Higgion Selah” che opera nel campo di letture poetiche performative.

Le traduzioni qui presentate consistono in brani tratti dalla seconda raccolta della poetessa intitolata kurarakana shijima, subete itteki no hikari [dolente la quiete nel silenzio – infine una goccia di luce] pubblicata nel 2021. Di essenza narrativa, anche se di difficile comprensione, la raccolta è composta di poemi in versi liberi, brevi o più lunghi, e di prosa poetica. Lo stile di Nono Okuma possiede caratteristiche perfettamente identificabili, tra le quali spicca una propensione a mettere in tensione la dimensione significante a partire da un uso irregolare delle particelle, ovvero, dei morfemi grammaticali invariabili della lingua giapponese che, messi in postposizione, indicano le relazioni tra i diversi elementi della frase. Questo meccanismo destrutturante crea un continuo slittamento nel senso che contribuisce a perturbare in maniera decisa e volontaria ogni forma di lettura lineare del testo. Una tale inclinazione verso l’ermetismo è senz’altro l’espressione di un atteggiamento irriverente ed iconoclasta nei confronti della lingua che viene usata con la consapevolezza perversa che le parole non possono esprimere a pieno le emozioni. Tuttavia, ben lontano dal confluire nell’aridità, la scrittura “a fior di pelle” di Nono Okuma si espande in una forma prolissa di grande sensualità.

*

[1] Il nome della poetessa viene dato nel consueto ordine occidentale in cui il nome precede il cognome, contrariamente a quanto avvenga in Giappone.

*

 

黯らかな静寂、すべて一滴の光 

 

 

眩暈と耳鳴り、夜の感覚

 

わたしが話し終えたことはみんな忘れてしまったこと

 

息をする理由にわたしたちは傷痕をいたわり

おのおの髪を梳きながら

こう言うのだった

彼女はわたしの頭を抱き

彼がわたしの腕をとり

わたしはほつれた話となる

攣れゆく指の角度に

それをわたしは知っていた

なにも言わずとも

あなたは再帰的に軋みたわみ

滲む透明な血漿であらたな箇所を上塗りする

そのようなさまに

多くがぼやいたとノートへと記されるだろう

わたしはうち焦がれ

その口腔に軽やかなレシを探す

 

そして少しずつすべてを忘れていく

 

さざめき

鼓膜の微震

届くのはただ、闇のしずけさ、その気配

 

まなじりに沿って

だれとも交差しない点を

ある日と呼び入れるひそやかな指先へ見て

爪の隙間に入り込んだ

あの影を愛おしむ灰色の皮膜が

過去|未来|永劫と嘯いただろうか

 

ほころびが

花々となり

ひらひら

ひとひら

リフレインを呼ぶ

それは

だれかのイミテーションとなる

 

 

 

暗い部屋、蒼色の空間|時間がみえる

そのために宙を見ている

 

夜、眩暈、そして耳鳴り

 

いくつもの線、産毛の生えた柔らかでしなやかな白糸はしんなりと震え、そよぎ、年月の彷徨を誘う。浮き上がる手甲の筋、心根を相構える。それをわたしは見る。彼はあなたに微笑んで、あなたは幸せだと言う。

 

いくども嵌まり、冷たく、なめらかな形状が光り、ほつれ、手指は弱々しく開く。さゆる繊維はキューブへひそみ、綾をあわせて濡れそぼつ。腕の彎曲に呼応して、暗線を無理やり取り繕う。その角度に眉を作る。それをあなたは見る。彼はあなたに肯いて、わたしは黙して沈んでいく。

 

子どものころ、わたしの部屋は窓辺から月光でとても明るく照らされていて、そのときだけは穏やかでした。だから月はやわらかな思い出です。

 

わたしの自己主張は寒暖にさみしく水に浸かり、顕示するしなやかな薄い皮膚もまた、詳細を知らずに呼吸する。乱射する数多の粒子(パウダー)は明滅して暗中に消えず、それぞれを惚れ惚れと覗いてやまない。溶け入る。あなたの思慮が魅了の契機を生々しく呼び寄せ、消息の比喩に別れの刻を涙する。閃光が破裂し、輪舞(ロンド)の駆逐が遂行される。油性インキが共沈する。空(ヴォイド)。流れつづける高熱の滲み、仄暗い静寂(しじま)の底から滴る雫に小瓶をあてる悲痛さをスタンディング・オーベーションが迎える、そのまぶしさ。

 

 

 

鐘が鳴るとき、針の指す方角へ

 

なにか、さまざまな、書き記したいが、口をついては出てこない多くのこと。

 

力み、嘆き、悔しく、臥せること。

 

そのことば、埋葬するための土はほぐされている、という事実において。

 

一緒に、と歌いかけ、力を、と踊る、もっと熱っぽく、リフレインを呼び覚まさず、まんじりともしなかった瞳が見据える、その先の一点の汚辱の、そうした、なにか、さまざまな、とうに逸してしまった、ことば。

それを羅列する、書記する、そのことについて。

 

覚えておいてハニー、あれが日付変更線よ

 

**

 

dolente la quiete nel silenzio – infine una goccia di luce

 

 

 

 

vertigini e fischi alle orecchie, sensazioni notturne

 

 

ciò che ho finito di raccontarvi è ciò di cui mi son dimenticata del tutto

 

prendendoci cura delle nostre ferite come fossero ragioni di vita

e pettinandosi ognuno di noi i capelli

è proprio così che dissi

lei mi abbraccia la testa

lui mi prende per il braccio

e divento una storia sfilacciata

tramite gli angoli delle dita che si contraevano

ho acquisito consapevolezza di ciò

quando senza una parola

ti incurvavi scricchiolando in modo ricorsivo

e davi l’ultima mano di vernice all’ultimo brano con del plasma trasparente che sbava

di fronte a simile contegno

molti hanno brontolato il che verrà probabilmente registrato a mo’ di nota

mentre mi consumerò di desiderio

cercherò un racconto lieve nelle vostre cavità orali

 

poi poco a poco mi dimenticherò di tutto

 

 

piccoli rumori

microsismi della membrana del timpano

quello che solo ci raggiunge, è la pace nell’oscurità, la sua aura

 

 

il punto che non s’interseca con nessuno

lungo la coda dell’occhio

a cui il pacato polpastrello si rivolge chiamandolo “un bel dì” per farlo entrare

guardandolo forse per vanto è stato ritenuto – passato – futuro – eternità –

dalla membrana grigia che prova tanto affetto per quelle ombre

che si infilano sotto l’unghia

 

 

le scuciture

che danzano coi fiori

un petalo

            degli svolazzi

chiamano un ritornello

questo

diventa l’imitazione di qualcuno

 

 

una camera buia, si vede uno spazio – un tempo – di un profondo azzurro

per questa ragione me ne sto a fissare il vuoto

 

 

la notte, vertigini, e poi fischi alle orecchie

 

 

 

 

Le tante linee, i fili bianchi pelosi soffici e flessuosi inumidendosi fremevano, frusciavano, esortando ad un vagabondaggio attraverso gli anni. La trama dei muscoli, che premeva sotto il mezzoguanto di protezione, porgeva grande attenzione alle profondità del cuore. Questo io lo vedevo. Lui ti sorrideva, e tu dicevi di essere felice.

 

Le forme fredde e levigate che iteravano i loro incastri, luccicavano, si sfilacciavano, e le dita della mano si distesero fiaccamente. Le fibre raggelate andarono a ritrarsi dentro ai quadrati, e sposandosi con l’intreccio del tessuto, finirono infradiciate. Per armonizzarsi con la curva del braccio, esse facevano l’impossibile per rammendare le linee più scure nello spettro. In quell’angolazione diedero origine a sopracciglia. Questo tu lo vedevi. Lei ti annuiva, e io affondavo in silenzio.

 

 

Quando ero bambina, di notte la mia stanza era illuminata dai raggi di luna che entravano felicemente dalla finestra, e solo in quel momento mi sentivo serena. Ecco perché la luna è per me un dolce ricordo.

 

 

Nell’avvicendarsi del freddo e del caldo la mia dimostrazione si irrora malinconicamente di acqua, e persino la pelle sottile e tenera che si mette in mostra respira all’oscuro dei dettagli. Le tante particelle – una polverina – che sparano all’impazzata lampeggiano senza scomparire nel buio, e stregata non posso che continuare a spiare ognuna di loro. Poi si dissolvono. È la tua assennatezza a convocare crudamente l’opportunità dell’incanto, a portare a lacrime la metafora della notizia nell’attimo della separazione. Scoppia un lampo, e lo sfacelo del rondò – la danza in cerchio – si compie. Assieme naufraga l’inchiostro indelebile. Un grande vuoto. Le sbavature febbricitanti che continuano ad espandersi, lo strazio nel poggiare una fiala contro gocce che stillano dal profondo della quiete buia nel silenzio, vengono accolti da una standing ovation, dalla sua erompente luminosità.

 

 

 

quando suonano le campane, nella direzione indicata dall’ago

 

 

 

cercare di mettere per iscritto qualcosa, molte le cose, e non riuscire nemmeno a trovare le parole.

 

affannarsi, affliggersi, in stato di frustrazione, essere allettati.

 

all’interno di una realtà che vuole sia la terra ad essere rigirata, per dare sepoltura, a quelle parole.

 

dai, cantiamo insieme, balliamo, invocando la forza e, con più entusiasmo e senza mai evocare il ritornello, le parole, che ci sono sfuggite tanto tempo fa, quelle lì, quel qualcosa, molte le cose, di un’umiliazione posta nel punto più avanti dello sguardo che quello fissa attraverso notti in bianco.

 

parlare di queste cose, di cui faccio l’elenco, che trascrivo.

 

 

 

 

ricorda, tesoro, questa è la linea del cambio di data

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Nono Okuma

dolente la quiete nel silenzio – infine una goccia di luce

Traduzione Karine Marcelle Arneodo

Revisione del testo italiano Olmo Calzolari

Un ringraziamento a Tomoho Okai per il contatto con Nono

Un ringraziamento a Kaharu Inokuchi e Akari Kodera per l’aiuto alla comprensione del testo giapponese