Colpi di Voce – Le note introduttive – Sonia Caporossi vs Antonio Francesco Perozzi

Antonio Francesco Perozzi

 

Nell’impianto cosmologico di Antonio Francesco Perozzi, in cui i regni della biologia molecolare e degli oggetti inanimati e freddi si avvicendano come una sorta di fenomenologia molto poco trascendentale, la coscienza sembra porsi il problema della strutturazione di uno schematismo conoscitivo in cui la teoria come decostruzione dei massimi sistemi soggiaccia, poeticamente ed ermeneuticamente, a un impianto di immanenza che conservi, però, la convinzione già brentaniana e husserliana in base alla quale la coscienza è sempre, in qualche modo, intenzionale. In effetti, il poeta si pone di fronte all’oggetto d’indagine prescelto come se l’oggetto intenzionale di qualsivoglia presa di coscienza del mondo potesse manifestarsi alla volontà del percipiente in forma di spettro visibile che, in quanto, appunto, visibile, deve in qualche modo essere visto e, se viene visto, viene anche, in qualche modo, conosciuto e non semplicemente dato anapoditticamente per buono. Ciò coincide, sempre in qualche modo, con quella pretesa assunzione volontaria e decisionale che porta alla de-formazione delle prospettive oltre il regno cognitivo delle pure ombre, giacché una tale posizione autoptica di fronte all’oggetto di osservazione informa il reale di parvenze che assumono consistenza, assoggetta (come si diceva poco fa) il trascendente all’immanente e cala sulla terra tutta la tensione ermeneutica degli organi di sensazione che, a loro volta, vengono inevitabilmente ad assumere il valore veritativo del dato attraverso una sorta di katalepsis e di assenso/aderenza della ragione alle cose e quindi, per naturale conseguenza, dalle cose, per estensione, giù giù fino alle parole. La rappresentazione sensibile del dato, in Perozzi, non si svolge, quindi, che tramite un atto catalettico, il quale unico permette la comprensione delle cose/parole, laddove cosa e parola sono uno. La poesia è, dunque, per Perozzi, dapprima un afferrare, un rapire, un colpire, tramite l’incidenza di percezione e riflessione, la dimensione consapevole dell’essere-qui-ed-ora, che è sempre un raggrumo, un raddensamento, un tenere-insieme. In secundis, la poesia si dà all’atto creativo/compositivo attraverso un paradossale processo inverso, di natura analitica, scompositiva, che indaga al microscopio le fratture e le frizioni tra i dati responsoriali dell’esperienza, in un cosmogramma che supera la stasi della scrittura fredda, in direzione di uno sperimentalismo non inerte, bensì vivo, pulsante, persino umoristico, di chiara ascendenza avanguardistica in senso post-punk.  (Sonia Caporossi)