Premio Bologna in Lettere 2023 – Christian Sinicco – Nota critica di Enea Roversi

Premio Bologna in Lettere 2023

Sezione A (Opere edite) –

Nota critica su Christian Sinicco

Ballate di Lagosta (Donzelli) 

 

 

Ballate di Lagosta di Christian Sinicco è un libro di cui si è parlato molto negli ultimi mesi: l’essere stato finalista alla prima edizione del Premio Strega di poesia è di certo la notizia che ha fatto maggior rumore, ma non dimentichiamo che il libro di Sinicco ha ottenuto vari riconoscimenti in altri premi letterari, non meno importanti.

In una nota apparsa sui social mesi addietro, Sinicco scriveva, a proposito di Ballate di Lagosta: «[…] questo libro, che parla di vita e di bellezza, sì, ma affronta un tabù, come l’ho sperimentato in questi mesi, l’impegno verso la civiltà e l’impatto di temi come precariato e migrazione sulle nostre vite. Ragionamenti vanno fatti sul capitalismo che attacca da trenta anni le conquiste sul lavoro e che sfrutta le risorse, spersonalizza le relazioni sociali e aggredisce gli individui in tutto il mondo, da cui tutta la malapolitica che affrontiamo.».

Potremmo definirla una dichiarazione di intenti, o anche una confessione a cuore aperto da parte di uno scrittore sinceramente impegnato a scrivere di determinate tematiche.

In Ballate di Lagosta riflette (e invita a sua volta il lettore a riflettere) sulla guerra, sui confini, sulla precarietà del presente che viviamo e sulle incognite del futuro che stiamo preparando.

Il senso della parola confine è del resto molto sentito da parte di Sinicco, lui che essendo triestino è autore di confine e mi vengono in mente, a tale proposito, due poeti contemporanei che hanno dedicato anch’essi molte righe della propria produzione poetica alla tematica del confine: Giovanni Fierro e Francesco Tomada, entrambi goriziani.

C’è evidentemente una sensibilità particolare da parte di chi nasce e vive in determinati luoghi: la parola e il sentimento hanno un’origine geografica e insieme filosofica, l’occhio è allenato a varcare i confini, a cercare orizzonti più vasti.

Ballate di Lagosta è uscito nel 2022 per l’editore Donzelli: la località che dà il titolo all’opera è un’isola croata del Mare Adriatico, situata nella Dalmazia meridionale e il suo nome si pronuncia Làgosta, con l’accento sulla prima sillaba.

Appare chiaro, fin dal testo che apre la raccolta, intitolato Canzone di Spalato, come all’autore siano cari il concetto di multiculturalismo e di plurilinguismo: lei parla le tue lingue lavorando all’uncinetto / dal sorriso, capisce chi sei / dalla pelle, anche se parli.

Le varie lingue in questo libro si mescolano, ma non sono messe lì per fare bella mostra di sé: sono lingue vive, che si parlano, nonostante sia scorso del sangue, la guerra nella ex-Jugoslavia sembra un ricordo lontano, ma è in realtà molto più recente di quanto si pensi e siccome l’uomo sembra non voglia imparare nulla dalla storia, abbiamo ancora oggi esempi di guerre vicine a noi.

Sono presenti, nella raccolta, diversi nomi di persona in croato quali Marija, Marijana, Jadro, Ambroz, Mojmir, Danica, Sasha, Sybilla e toponimi come Mihajla, Ubli, Portorus, a conferma di quanto appena detto. Cito a questo proposito, alcuni versi: Marija è in ogni mattina e intona l’universo nei salmi per esempio, oppure i trinceramenti e le postazioni di Pasadur, / le baracche abbandonate al porto di Ubli. Non si può non menzionare poi il testo intitolato Danica e la cavra (Danica e la capra) scritto in dialetto triestino, che contiene in esergo una citazione di Umberto Saba e da cui estrapolo i versi finali: sia bianca o nera la devi magnar / cussì nel mondo ghe sarà late (che sia bianca o nera deve mangiare / così nel mondo ci sarà il latte).

È poesia densa e assai lucida, quella di Sinicco e proprio la lucidità che dimostra nel raccontare il dolore e il tormento è sicuramente una delle doti principali di questo autore, per il quale avevo già avuto il piacere di scrivere una nota sulla raccolta Alter (Vydia, 2019).

Ballate di Lagosta è dunque una conferma del talento puro di Christian Sinicco e basterebbe leggere questi versi, tratti dal testo intitolato Rap di Martino, per rendersene conto: tu apriresti le ali, i giovani che combattono la gravità / sfiorano il bocciolo dei mali, sanno di questa atrocità dove è la leggerezza a trasportarci nell’orrore. Oppure questi altri, tratti da Fine della processione: e il cimitero è così affollato che non si trova un angolo per / amare nei quali si respirano il silenzio della solitudine e la quiete della morte.

Quello in cui viviamo è un mondo in cui ci si orienta a fatica, un mondo nel quale è arduo reggersi in piedi, strattonati come siamo dalle difficoltà quotidiane e storditi dagli orrori che ci circondano: ecco dunque che Sinicco inserisce, non a caso, nei suoi versi termini quali deriva, bussola, equilibrio precario, bivio, traversata a ricordarci che siamo tutti alla ricerca di una stabilità difficile da trovare.

C’è una parola che Sinicco cita, parlando della sua poesia e dei problemi che essa affronta, che mi piace particolarmente, perché pur non essendo molto usata è tutt’altro che un termine obsoleto, anzi è quanto mai attuale: la parola è dignità.

Il poeta Sinicco dà voce a coloro che di solito non l’hanno, di pari passo con l’uomo Sinicco, che nel corso della sua attività lavorativa ha svolto anche incarichi sindacali.

Perché la poesia dev’essere sempre ancorata alla realtà e non essere un puro esercizio di stile e Christian Sinicco fa della propria poesia un mezzo importante per raccontare il reale: lo fa con serietà e con sincerità e sono certo che andrà avanti per questa strada, fregandosene giustamente di quelle vacue e così noiose polemiche sui premi letterari che ricorrono ormai sempre più spesso.

La poesia è ben altro e lui lo sa. (Enea Roversi)

 

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