Premio Bologna in Lettere 2022 – Giuseppe Nava – Nota critica di Marilina Ciaco

PREMIO BOLOGNA IN LETTERE

VIII edizione 2022

SEZIONE A 

(Opere edite)

 

La giuria formata da

Daniele Barbieri, Enzo Campi, Sonia Caporossi,

Laura Liberale, Marilena Renda, Enea Roversi

conferisce una segnalazione di merito a

Giuseppe Nava

per l’opera

Le attese

 

 

 

Le attese di Giuseppe Nava si articola in sette sezioni tanto radicalmente composite, plurali, sul piano stilistico e metrico-sintattico, quanto, a ben vedere, tutte caratterizzate da una sostanziale uniformità in termini di poetica e di ideologia del testo, il che rende questo libro paragonabile a un mosaico straordinariamente organico, dove chi legge avverte con chiarezza una profonda coerenza di fondo. Una coerenza direi progettuale, perché il libro di Nava assume in prima istanza le sembianze di un progetto, di un libro in divenire e forse, per certi versi, a venire: chi legge è invitato ad attraversare sette tappe – tutte ugualmente necessarie – di un cammino che solo in parte è già tracciato.

Sin dalla prefazione, Paolo Giovannetti evidenzia una serie di questioni fondamentali: tra queste, la possibilità di leggere le sezioni come degli pseudo-poemetti; la presenza di una «soggettività riconoscibile (singolare e poi plurale)» che, però, non corrisponde a un io autobiografico riconducibile all’autore empirico; non da ultimo, l’elemento propriamente installativo del libro, e dunque il ruolo preminente riservato alla ricezione, ovvero al processo di decostruzione e ricomposizione del testo stesso nella mente dei lettori, delle lettrici.

Nava sembra, in effetti, aver disseminato una serie di tracce materico-linguistiche deliberatamente lacunose, sospese, rese precarie da un’indecidibilità semantica sistematica che innesca una torsione in-attesa nel rigore formale di fondo, pur senza contraddirlo del tutto.

Le sette sezioni si intitolano: tre, rodrigo de triana, oracolari, ipotesi non verificate, 51.4789°N 0.2733°E, patibolari, una storia. Nella prima sezione a una maggiore leggibilità sul piano semantico si accompagna una lenta catabasi attraverso i volti inquietanti, grotteschi, che può assumere l’«attesa» stessa: Nava non si limita infatti a restituirci un’atmosfera di perenne sospensione, ma la oggettiva in una serie di immagini particolarmente vivide, dotate di spessore somatico. La «luce obiettiva» permea le «ore» che «restano a pesare all’altezza dei fianchi», è fatta di «litanie» ma anche di «zampe», «tendini», «impronte», corpi il cui pathos è traslato in fotogrammi verbali raggelati («i baricentri sballati», «appeso al cavo di metallo», «una grande cartilagine», «nel minuscolo tremare delle palpebre», «sopportare le unghie conficcate nelle dita»).

In rodrigo de triana il lessico si fa più selezionato e astratto, quasi per una necessaria catarsi della materia, e si succedono sulla pagina due voci (una in tondo, l’altra in corsivo), forse due personaggi, ma anche l’ipotetica scissione psichica di un solo soggetto. In oracolari e ipotesi non verificate abbiamo il graduale passaggio dal verso lungo alla prosa, ed è proprio nell’approdo alla forma prosastica che l’autore concede uno spazio sempre maggiore alla deriva semantica, ai risvolti via via più ossessivi e parossistici del linguaggio, così come al paradosso del non-dicibile che, sotterraneamente, lo abita.

Le prose di ipotesi non verificate si aprono tutte con la formula «forse quello di», per poi far deflagrare l’impianto della descrizione/definizione in una catena metonimica di libere associazioni che avvicinano il discorso poetico al flusso di coscienza, e cioè all’esposizione di una materia linguistica e psichica ancora incandescente, informe e multiforme a un tempo. Nella sezione patibolari le «attese» sono quelle dei condannati a morte giustiziati dal 1982 in poi, le cui dichiarazioni, raccolte sul sito del Texas Department of Criminal Justice, sono trasformate dall’autore in prelievi linguistici; questi, una volta tradotti e rimontati, vanno a comporre “materialmente” i testi. La parte finale del libro vede, in effetti, la definitiva rivelazione della tensione che percorre l’intera raccolta: una tensione etico-storica, in ultima analisi politica, in virtù della quale il vissuto emotivo e psichico individuale, fattosi collettivo, si inserisce nel più vasto piano dei “destini generali”, e così intercetta altre voci, altre vite, altre tragedie umane che il tempo ha reso mute. Accogliendo in questo la grande lezione del Tiresia di Giuliano Mesa, Giuseppe Nava prova a dare nuova voce a chi, allora, non ha potuto parlare. Non è forse un caso che la lunga prosa finale, frutto di un’intensa rielaborazione personale di un trauma (o di un insieme di traumi) altrui, si intitoli una storia, quasi a dirci che “una storia” fra tante altro non è che la storia di tutti. (Marilina Ciaco)

 

 

Giuseppe Nava (1981) ha pubblicato Esecuzioni (d’If, 2013; premio Mazzacurati-Russo), Nemontemi (Prufrock Spa, 2018), Le attese (Vydia, 2021; premio Lucini), Guida (Battello Stampatore, 2022). Alcuni suoi testi sono usciti come libri d’artista: la prima versione di Nemontemi, realizzata nel 2015 dal grafico Edoardo de Stalis; Lupi e Frasario, realizzati dallo scultore Claudio Borghi rispettivamente nel 2021 e 2022. Altri testi sono disponibili su riviste e siti, tra cui le traduzioni da Testimony di Charles Reznikoff, uscite su Nazione Indiana, le prose Pitture infamanti su Argo e i Nodi su Charta Sporca. Figura tra i curatori dell’antologia di poesia in dialetto e lingue minoritarie L’Italia a pezzi (Gwynplaine, 2014).