Anita Piscazzi – Lo scompenso delle immagini. Nota critica di Giacomo Cerrai

Premio Bologna in Lettere 2021

Anita Piscazzi – Lo scompenso delle immagini. Nota critica di Giacomo Cerrai

 

Piscazzi sceglie l’elegia, in questi tre testi, la malinconia, il dolore di un nostos non necessariamente chiaro e definito, l’andamento un po’ stupefatto e un po’ errabondo di chi scopre un luogo della poesia in quel “niente in tasca” di cui parla nel primo brano, sapendo però che corrisponde non ad un nihil esistenziale, ad un vuoto, ma ad una assenza, un dolore, un’inquietudine indefinita, forse senza oggetti bersaglio denotati, ma non per questo meno “presente”, meno angustiante. L’indefinito, il generico, l’astratto fanno logicamente sponda al simbolico, ad una voce che sembra echeggiare in stanze ombreggiate, il tono è di primo acchito quasi pitico e non solo per un uso del perfetto che rimanda ad un mito, ad una storia o mistero personale o per un uso del verso libero a tratti predittivo. Ma anche per un lanciare segnali a chi legge, come a volerlo informare di un invisibile tutt’altro che privato, come ad esempio la convinzione che “il petto degli altri è un lupo”, che da certe catabasi della memoria si torna, ecco, con niente in tasca, a parte un po’ di rimpianti. Certo è comprensibile che in questa indagine di zone d’ombra, di angoli del sé in rapporto alla propria esperienza l’immagine sia appunto “scompensata”, smarginata – dice Piscazzi – come  una riva senz’acqua, sia cioè un limitare privo di ciò che lo rende tale, ovvero privo di un colloquio tra elementi, e perciò stesso sia perturbante o crei uno “scontento inquieto”. La poesia sta allora (per citare l’autrice) nel segretamente abitare il proprio senso cieco e oscuro, ancor di più nel testimoniare (fare testamento) del passaggio di un Angelo di luce, sia essa la semplice luce nuova che l’inverno promette  o quella sorgente “sulle ossa sparse nei mari / sulla morte della viola di marzo”. Un angelo, forse necessario, ci auguriamo,  come quello di cui scriveva Wallace Stevens.